Macchinisti come tassisti e, a 3.000 al mese, ricattano il sindaco su metro Roma

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 19 Giugno 2012 - 13:49 OLTRE 6 MESI FA
tassisti campidoglio

Nel 2008 i tassisti festeggiarono così in Campidoglio l'elezione di Alemanno

ROMA – Trasporto pubblico croce e delizia del sindaco capitolino Gianni Alemanno. I tassisti infuriati contro le paventate liberalizzazioni contribuirono a farlo eleggere, poi la “storiaccia” delle assunzioni di amici e “camerati” all’Atac ne minò l’ immagine e ora, dopo l’inaugurazione in pompa magna della nuova tratta della metropolitana, la B1, sono i macchinisti a mettere in serio imbarazzo il primo cittadino. E Alemanno, ancora una volta in difficoltà, ha chiesto l’aiuto del prefetto Pecoraro invocando, se necessario, la precettazione. Questa volta però la colpa del sindaco romano è in realtà poco più che veniale: aver voluto inaugurare la nuova metropolitana troppo presto e in fretta. I problemi con i macchinisti, probabilmente, sarebbero venuti fuori comunque. Resta in ogni caso l’imbarazzante cronologia di una metro inaugurata il mercoledì in pompa magna, con il sindaco tutto sorrisi e strette di mano in versione primo passeggero, e appena 24 ore dopo, giovedì, già ferma.

Aver voluto inaugurare le nuove stazioni della metro B1, costata fior di quattrini e anni di lavoro, in tutta fretta è stata certamente una leggerezza da parte del sindaco Alemanno e del suo staff. Pezzi di intonaco che vengon giù da una stazione che ha appena poche ore di vita non sono certo un’immagine edificante. Per non parlare delle tensioni con i macchinisti, causa di ritardi, cancellazioni e rabbia dei romani, anche se “senza tempo” come afferma Alemanno: “Se avessimo inaugurato tra un mese, loro avrebbero protestato: ci aspettavano al varco”, che andavano tenute in conto. Il sindaco in tutti i casi non ne esce bene: se del clima teso che serpeggiava tra i lavoratori della metro era a conoscenza, doveva certo far qualcosa per evitare che a pagarne le conseguenze fossero i romani; se invece non ne era a conoscenza, beh, allora in questo caso la sua mancanza è persino più grave.

Ma cosa vogliono, e perché i macchinisti, o almeno una parte di loro, sono sul piede di guerra? La nuova metro, a dire il vero e a parte l’intonaco che già cade, poco c’entra. Nulla è più che un’ottima cassa di risonanza per far sentire la loro voce. Il problema è il loro contratto, e per tentare di risolvere la questione, o almeno per evitare i disagi più gravi al trasporto pubblico e ai romani, il prefetto ha già convocato le parti per avviare un tentativo di mediazione. Pecoraro ha già ricevuto dall’Atac un lungo dossier sui fatti di questi giorni: tabelle con i livelli di assenteismo o malattie, i casi di rifiuto dei turni “a straordinario” o dei treni, gli accordi firmati con i sindacati. Ma il clima non è dei migliori, anche nella giornata di oggi sono previsti ritardi e disservizi. L’assessore alla Mobilità Antonello Aurigemma: “Apprezzo il senso di responsabilità di Cgil, Cisl e Uil. Non ci faremo ricattare dai macchinisti”. Mentre Alemanno vuole soluzioni definitive: “Questo braccio di ferro deve portare a qualcosa, anche per gli altri servizi pubblici. Sennò ognuno si può svegliare la mattina e dare problemi”. Un po’ come fecero i tassisti capitolini non molti anni fa, mettendo insieme forme di protesta selvaggia e senza regole che crearono non pochi disagi a Roma e ai suoi abitanti, esattamente la stessa modalità d’azione applicata oggi dai macchnisti.

Il nodo, dicevamo, è il contratto, e in particolare il cosiddetto accordo “Tosques” siglato dall’allora capo del personale che regola i rapporti sindacali tra macchinisti e azienda. In base a quegli accordi – scrive il Corriere della Sera – i macchinisti possono rifiutare il “turno a straordinario”. Turni in pratica pagati con maggiorazione ma inseriti nel contratto e buoni a “coprire” i vuoti lasciati dai colleghi in malattia. Dei 500 macchinisti in forza all’Atac i rivoltosi sarebbero appena un 20/25%, una sessantina quindi, pochi ma più che sufficienti a mandare in tilt la nuova metro. L’ad di Atac, Carlo Tosti, vorrebbe rivedere quegli accordi, con o senza il consenso dei sindacati.

Guadagnano “anche 3500 euro netti al mese” afferma Tosti, smentito dai macchinisti rivoltosi che non dicono quanto guadagnano ma denunciano un monte ferie arretrate corposo e la durezza del loro lavoro sottoterra: 10 ore di lavoro secondo i macchinisti, 6e10 secondo l’ad di cui appena 3 e mezza passate alla guida. Un punto d’incontro sembra lontano, l’Atac studia i treni senza macchinisti mentre Alemanno, probabilmente, rimpiange i bei tempi in cui poteva schierarsi al fianco dei tassisti. Di quei bei tempi andati ora è rimasta, come scrive il Corriere della Sera, la “Sindrome da inaugurazione”. Alemanno ha infatti appena annunciato “entro l’estate il waterfront di Ostia (lungomare ndr), Tor Bella Monaca, Eur…poi, da qui ad un anno le inaugurazioni del prolungamento della line B1 fino a Jonio, l’apertura della prima tratta della linea C, la cantierizzazione di…lo stadio della Roma”. Il 25 gennaio era stata inaugurata Piazza Cavour nel suo nuovo splendore, è ancora un cantiere. Perfino la statua di Wojtyla, inaugurata a marzo 2011, va rifatta. Dunque sindrome, acuta, da inaugurazione. E primo cittadino della capitale molto chiacchiere e distintivi. Cui si aggiunge la trappola che gli hanno teso i macchinisti: per indorare la sostanza si dice abbiano scelto la metropolitano come red carpet della protesta, insomma due parole inglesi per non pronunciare la parola italiana ricatto.

Rimandano indietro, rifiutano convogli e carrozze i macchinisti, talora dicendo che emanano “cattivo odore”. Vogliono dieci ore pagate al prezzo dello straordinario anche se straordinario non è. Hanno visto che i tassisti hanno ottenuto aumenti delle tariffe a due cifre, altro che inflazione. Perché i tassisti sì, e loro no?