Prof-Stato “patto scellerato rifirmato” : poco stipendio, cattedre senza qualità

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 13 Novembre 2012 - 14:11 OLTRE 6 MESI FA
Francesco Profumo, ministro dell’Istruzione (LaPresse)

ROMA – Niente ore in più nel calendario di lavoro degli insegnanti ma tagli alla ricerca e all’innovazione. È questo, in sintesi, il frutto della lunga trattativa con il mondo della scuola che troverà spazio all’interno della legge di stabilità. Un risultato che è, evidentemente, una sconfitta per la scuola stessa. Forse non per i professori che in questo modo hanno evitato un allungamento dell’orario lavorativo ma certo per gli studenti. Un compromesso che è l’ennesima manifestazione di quello che Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Giovanni Agnelli, definisce “patto scellerato” su La Stampa. Un patto contratto decenni fa tra docenti e Stato per cui “i primi sono pagati poco, devono formarsi a loro spese, sono tenuti a spostamenti continui nei primi anni di carriera, attendono in media undici anni prima di entrare in ruolo; in compenso, la qualità del loro lavoro non è sottoposta ad alcuna valutazione e lo Stato chiude un occhio sulle ripetizioni pomeridiane, rigorosamente in ‘nero'”.

La legge di stabilità chiedeva al mondo della scuola di risparmiare. E il ministro Profumo aveva individuato la possibile fonte dei risparmi richiesti nell’allungamento dell’orario di lavoro dei docenti di scuole medie e superiori da 18 a 24 ore. Aumento che sarebbe stato a parità di retribuzione e che, anche comprensibilmente, non è affatto piaciuto ai docenti stessi. I sindacati si sono opposti compatti e il ministro non ha potuto far altro che fare marcia indietro perché, a fianco dei docenti imbufaliti, si era schierata un’ampia fetta della maggioranza parlamentare che la legge dovrà votare. I risparmi però, se non dall’orario dei prof, da qualche altra parte andavano trovati.

E la soluzione che ha messo tutti d’accordo, ministro, docenti e sindacati, è stata quella di tagliare i fondi alla ricerca. Francesco Profumo, conoscendo la sua storia professionale, non avrà fatto salti di gioia ma ha dovuto chinare la testa alla “volontà dei partiti”. I docenti, comprensibilmente dal loro punto di vista particolare, avranno pensato meglio questo che dover lavorare di più. E i sindacati, che ora dicono che comunque i tagli sono inaccettabili, non hanno certo fatto le stesse barricate fatte per difendere le 18 ore di lavoro settimanali.

Ovvio è che la proposta di Profumo non era certo la soluzione ai problemi della scuola tutta. Gavosto stesso nota che “conteneva aspetti discutibili, come l’imposizione che le ore addizionali fossero dedicate unicamente all’insegnamento ex cathedra e non ad altre attività didattiche o di formazione”. Ma la scelta di preferire alla proposta del ministro un taglio a ricerca ed innovazione è certamente una scelta quanto meno miope. Buona forse per accontentare tutti, o meglio non scontentare nessuno nell’immediato, soprattutto vista delle vicine elezioni, ma che certo nel tempo porterà più danni che benefici.

Per reperire quei 600 milioni in tre anni che il ministero dell’Economia aveva chiesto a quello dell’Istruzione (accantonata l’idea di allungare la giornata lavorativa degli insegnanti che, a regime, avrebbe fruttato quasi un miliardo, generando risorse da reimpiegare nella scuola) si taglieranno invece i piani Prin e First: 20 milioni l’anno in meno per i prossimi tre anni a ciascuno dei due progetti. E per chi non sapesse cosa fossero, i Prin sono i Progetti di rilevante interesse nazionale, cioè quei campi di ricerca su cui l’Italia deve puntare per la competitività del suo sistema produttivo, mentre i First sono i fondi di intervento per la ricerca scientifica e tecnologica. Tagliati. Come tagliato sarà il Mof, cioè il miglioramento dell’offerta formativa. Ricco capitolo di spesa da quasi un miliardo l’anno a cui verranno sottratti quasi 150 milioni nel prossimo triennio. E poi ancora tagli, solo per l’anno prossimo questa volta saranno tolti 30 milioni al programma Smart City, quello che dovrebbe rendere più vivibili e tecnologiche le città e che coinvolge anche le tecnologie scolastiche, e una generosa economia riguarderà anche il fondo valorizzazione della scuola e dell’università che era stato istituito ai tempi della ministra Gelmini. Fondo che nel triennio questo sarà drenato di oltre 328 milioni. Per il solo 2015 poi la rimodulazione della spesa ordinaria consentirà di risparmiare altri 58 milioni e, infine, gli ultimi “spicci” si recupereranno dal fenomeno dei distacchi “non sindacali”, cioè su quella massa di docenti dislocata in altri comparti della pubblica amministrazione.

Si potrà certo discutere la bontà della precedente proposta del ministro, come certo anche i docenti avranno le loro ragioni ma, guardando il risultato che la mediazione tra le parti ha generato è evidente che non c’è certo da brindare e che la soluzione è peggio del problema stesso.