Quirinale. Pd più Pdl fa D’Alema? Pd più M5S fa Prodi? Il bau bau Boccassini

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 2 Aprile 2013 - 14:44| Aggiornato il 5 Dicembre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Se non puoi batterlo, fattelo amico” consiglia la saggezza popolare. E se non puoi farci un governo insieme, prova almeno ad eleggerci insieme un Presidente della Repubblica: così il Quirinale ai partiti. Giorgio Napolitano con la riproposizione, sia pur solo per qualche settimana, della minestra riscaldata del governo Monti, ha di fatto capovolto il calendario politico anteponendo alla formazione di un nuovo esecutivo la scelta del prossimo inquilino del Quirinale. Nuovo terreno di battaglia quindi per le forze politiche, nuovo luogo di opposti terrori e clamori. Il culmine della minaccia reciproca si è avuto quando il Pdl ha fatto circolare due nomi perfetti a suo dire per la presidenza della Repubblica: Gianni Letta e…Silvio Berlusconi. Simmetricamente una settimana girava, autenticato e avvalorato da nessuno eppur girava, il sommo bau bau per Berlusconi e il Pdl: Ilda Boccassini magistrato votata dalle Camere rosse e a cinque stelle prima donna presidente al Quirinale.

Berlusconi, Boccassini a parte, ha paura che Pd e Scelta Civica e magari M5S si mettano d’accordo per un prossimo capo dello Stato che a Berlusconi appunto non dia alcuna garanzia. Come si è letto sul blog di Grillo, “un Prodi che Berlusconi lo cancella dalla faccia della terra”. Un presidente senza i voti di Berlusconi si può fare eccome, al Pd mancano nove voti a Camere riunite. Dopo la terza votazione il quorum è a quota 504 su 1007 grandi elettori, Pd più Monti ci arrivano, per non parlare se coinvolgono in qualche modo e misura M5S. Ma se il Pd si elegge un presidente della Repubblica da solo e di questo tipo, dopo, a meno di fare un improbabile governo con Grillo, l’unica cosa che potrebbe dire al “suo” nuovo capo dello Stato è sciogli le camere che ti hanno appena eletto e tutti a votare. Perché, con un capo dello Stato eletto senza e contro Berlusconi ogni intesa di governo è definitivamente cancellata. Il terzo incomodo, Grillo, dice che loro il capo dello Stato lo cercano, lo trovano e lo votano sul web. E che dovrà essere uno o una che nulla c’entra e c’è mai entrata con la politica, il sistema…Quindi a poco più di una quindicina di giorno dal primo voto a Camere riunite ogni accordo sembra impraticabile. Eppure un presidente va eletto, una maggioranza per eleggerlo si formerà. Tre gli scenari per arrivare all’elezione: il primo un accordo tra Pd e Pdl, il secondo tra democratici e grillini e, il terzo, un accordo Pd-Scelta Civica i cui voti, almeno per l’elezione del successore di Napolitano, basterebbero al Pd per arrivare alla maggioranza.

Preso atto che almeno per ora il Parlamento italiano non è in grado di esprimere una maggioranza di governo, e tenendo conto che essendo nel semestre bianco il Presidente della Repubblica non ha il potere di sciogliere le Camere per tornare al voto, Giorgio Napolitano ha scelto di confermare il governo uscente, il governo Monti, almeno fino a quando non sarà stato nominato il suo successore. Una scelta praticamente obbligata. Sarà in questo modo compito del prossimo inquilino del Quirinale verificare l’esistenza di una maggioranza parlamentare e, qualora non ci fosse, sarà lui avendone il potere a porre termine alla legislatura e rimandare tutti alle urne.

Mettere come primo punto dell’agenda politica l’elezione del Presidente e non più la fiducia ad un governo sinora senza maggioranza, ha però anche un secondo obiettivo ed offre una possibilità in più agli attori politici di oggi. La corsa al Colle è infatti il nuovo terreno di scontro ma, come in tutte le battaglie, può essere anche il nuovo terreno di trattativa. Da un accordo per il Colle potrebbe derivare anche un accordo di governo, non si sa mai.

Se questa è una speranza di Napolitano e di molti italiani che solo tra qualche settimana sapremo se verrà soddisfatta, quello che si può osservare oggi sono gli schieramenti in campo e i rispettivi “campioni”. Tutti sanno che per scegliere il nuovo Presidente della Repubblica indispensabile sarà il voto dei democratici ma, come per formare il governo, i voti del Pd non sono da soli sufficienti. Il punto è allora con chi Bersani e soci si accorderanno, quali voti cercheranno e chiederanno. E qui, rispetto alla formazione di un esecutivo, ai soliti noti si aggiunge Mario Monti. I suoi 71 voti, nella corsa al Colle, sono infatti più che sufficienti se sommati ai 495 del centrosinistra essendo, la maggioranza semplice richiesta dalla quarta votazione, di appena 504.

Scommettere su chi affiancherà il Pd non è semplice, ma si possono fare delle considerazioni. La prima ipotesi è ovviamente quella di un accordo “istituzionale” con il Pdl, accordo che potrebbe aprire le porte se non ad un governissimo almeno ad un governo che faccia due/tre riforme prima di tornare al voto, e accordo che potrebbe realizzarsi in diversi nomi. Il più sponsorizzato da Silvio Berlusconi è quello di Gianni Letta, già oggetto di una trattativa con Bersani. Ma non è l’unico, sempre dal Pdl sarebbe gradito Marcello Pera, oppure nomi senza cartellino di partito come quelli delle due ministre Anna Maria Cancellieri e Paola Severino. O ancora Massimo D’Alema, figura istituzionale in quanto ex premier ed ex ministro degli esteri non sgradito al Cavaliere. E poi Giuliano Amato, Luciano Violante, Franco Marini e, unica donna papabile, Emma Bonino.

Come per l’ipotesi di governo un accordo col Pdl non è però l’unica via, seconda possibilità per i democratici è l’accordo con Grillo nella speranza che, eleggendo un candidato comune, si possano magari gettare le basi per una futura collaborazione. In questo caso diversi, tranne uno, sono i nomi dei possibili aspiranti. Il nome che non cambia è quello di Emma Bonino, buona anche per alcuni settori grillini. Gli altri che potrebbero aspirare in questo caso al Quirinale sarebbero Romano Prodi, unico che può vantare di aver sconfitto non una ma due volte il Cavaliere, Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida, Stefano Rodotà e, ricalcando lo schema palazzo Madama, Pietro Grasso.

Terza e molto meno gettonata ipotesi, quella di un accordo con Monti che porterebbe al Colle proprio l’attuale presidente del consiglio. Ipotesi forse non sgradita ai mercati ma quasi inutile politicamente. La popolarità dell’attuale esecutivo è infatti ridotta ai minimi termini e i voti dei montiani, fatta eccezione l’elezione del Capo dello Stato, non servono a fare un governo.

Come in un’interrogazione a scuola, preso atto che lo studente/Parlamento non ha saputo rispondere alle domanda sul governo, siamo passati alla domanda di riserva: il Quirinale. Una risposta ora va data, vediamo quale sarà.