Recovery fund, a Salvini non va giù che gli euro prestati si debbano restituire

di Antonio Buttazzo
Pubblicato il 22 Luglio 2020 - 06:30 OLTRE 6 MESI FA
Recovery fund Italia, a Salvini non va giù che gli euro prestati si debbano restituire

Recovery fund, a Salvini non va giù che gli euro prestati si debbano restituire (Foto d’archivio Ansa)

Alla fine il denaro dall’Europa è arrivato. Ed è arrivato per mezzo del Recovery  Found, l’emissione di titoli di debito comune europeo.

Cioè quello strumento che le destre sovraniste, per qualche motivo che non hanno mai chiarito, preferivano al MES.
Oggettivamente per loro sarebbe un successo. Ma Salvini è riuscito a trasformarlo in una sconfitta politica. Con molta probabilità, soprattutto in ragione del loro euroscetticismo, non sarebbero riusciti ad ottenere un euro dall’Europa, figurati i 209 miliardi che arriveranno in Italia.

La serrata trattativa è andata in porto grazie al contributo fondamentale di francesi e soprattutto tedeschi. Un favore negoziale di cui Salvini non avrebbe goduto.

Adesso però si impone una riflessione politica che dovrà interessare il medio-lungo periodo politico.
Quel denaro, sappiamo, sarà utilizzato nei dieci anni previsti dal già approvato Piano di Rilancio Nazionale.
Come accadde negli anni ‘5O con i dollari americani del Piano Marshall, la questione è tutta lì, cosa accadrà in questi prossimi dieci anni.

Le forze politiche del dopoguerra seppero individuare degli obiettivi e seppero realizzarli. In quell’arco di tempo si misero da parte visioni ideologiche opposte e le forze politiche, unitariamente, contribuirono a dotare il Paese di quelle infrastrutture di cui eravamo privi, favorendo lo sviluppo economico che ha fatto sì che l’Italia divenisse una potenza industriale mondiale.

Non mancarono i problemi. I conflitti sociali erano all’ordine del giorno. Le strategie eversive minavano il percorso di sviluppo. Ma il progetto di risanamento e rilancio non si è mai fermato. Facile dire che l’Italia usciva sconfitta da una guerra mondiale e che lo stringente bisogno di sviluppo economico e finanzario imponeva strategie condivise.
Questo è vero solo in parte.

La collocazione atlantica non era scontata e con essa lo stesso sistema politico italiano, data la forza antagonista delle sinistre. Le già dette strategie eversive di destra si ponevano spesso di traverso. Agitando lo spettro comunista, premevano per una deriva autoritaria che non avrebbe favorito lo sviluppo economico dell’Italia.
Ma niente ha frenato il risanamento e il rilancio.

Col risultato che il nostro Paese si è collocato definitivamente tra le democrazie avanzate, anche economicamente.
Ciò quindi è stato possibile perché lo sforzo è stato unitario.
Le reazioni al solito delle opposizioni, soprattutto quella scomposta della Lega, non lasciano sperare che il miracolo si ripeta.

Salvini definisce una “fregatura” quello stesso piano economico che mesi fa sbandierava come l’alternativa al Mes.
Quella che lui preferiva.

La “fregatura” la intravede nel fatto che quel denaro dovrà essere restituito. Il che peraltro è vero solo in parte.
Ma l’alternativa ad un prestito, per dotarsi di risorse, è solo stampare moneta. Probabile Salvini lo pensi, ovviamente con il logico corollario di uscire dall’UE.

La cosa, notoriamente, è comunque nel novero delle sue (fiacche) prospettive politiche. Ma se così non è, non ci sono alternative al prestito e quindi alla sua restituzione. Diversamente, come è logico del resto, nessuno te lo accorderebbe.

Ma dirlo, non aiuta ad avere ed aumentare il consenso. Quindi è meglio tacere.
Quattro chiacchiere in libertà rendono di più.
E in questo Salvini è un maestro.