Berlusconi. Crisi di governo o no? Intanto il tradimento serpeggia nella sua ombra

di Gennaro Malgieri
Pubblicato il 25 Ottobre 2010 - 12:09 OLTRE 6 MESI FA

Il malessere nel Pdl è finito. E’ cominciata l’implosione. Ognuno per conto suo. Tutti contro tutti. E anche se ipocritamente i maggiorenti lo negano, è incontestabile che proprio loro hanno dato l’avvio al dopo-Berlusconi. Cercando di riposizionarsi, disegnando alleanze con soggetti estranei al partito, ammiccando perfino all’antiberlusconismo. Gli avvenimenti siciliani (ma non soltanto) sono esemplari al riguardo.

Naturalmente tutto avviene rigorosamente all’ombra del Cavaliere che mai viene apertamente messo in discussione. Anzi, più gli omaggi alla sua persona si sprecano, tanto più il tradimento avanza. Non è una novità. E’ sempre accaduto. Lo documentano le istorie almeno dai tempi dei Diadochi di Alessandro, fino alle congiure consumatesi alle corti degli imperatori romani per poi dilagare nei torbidi secoli bizantini ed esplodere tra le sacre mura vaticane circonfuse dallo splendore rinascimentale che pure non riusciva a celare il male che scavava nelle viscere della Chiesa.

Nei nostri tenebrosi e sgangherati tempi, il plebeismo politico si attovaglia sera dopo sera in private dimore e pubblici locali per ragionare di come porsi quando il Cavaliere uscirà di scena. Si formano correnti e si disfano poco dopo con una frenesia che ha dell’incredibile: il fregolismo è la nuova ideologia o meglio la prassi a cui sembrano devoti i berluscones. S’adombrano accordi spuri per salvarsi la cadrega; si innescano marce di allontanamento dal berlusconismo ortodosso perché ritenuto morente e nessuno degli oligarchi, comprensibilmente, vuol finire nella tomba, per quanto sontuosa, di una politica che sta sbiadendo in illusione.

Quanta tristezza. Fossimo in Berlusconi, i traditori non li cercheremmo fuori dalla sua cerchia ristretta, ma guarderemmo più vicino. E, al di là dei nomi, che significano poco o nulla senza Berlusconi, ci faremmo spiegare da chi di dovere, cioè da tutti coloro a cui ha messo in mano massicce dosi di potere da gestire a piacimento, perché non s’inventano una politica in grado di rivitalizzare quel pasticcio (da chi scrive sempre riguardato come tale, senza giustificazioni, anche su questo sito) chiamato Popolo della libertà?

Quando si è a corto di idee, progetti, programmi, entusiasmi, passioni, s’inventano gli organigrammi, le strutture, le sovrastrutture, i metodi di selezione della classe dirigente. Ma credono davvero, i nuovi diadochi, che gli elettori del centrodestra sono tutti stupidi? Dovranno pure interrogarsi sulle ragioni di una perdita di consenso tanto rapida all’apogeo del berlusconismo stesso, dopo aver trionfato in ben tre consultazioni elettorali di seguito in due anni. E qualche risposta dovrebbero pure provare a darla.

Certo, è dura continuare a far finta di niente, aprendo fronti quotidianamente e regalando perfino chi non avrebbe nessun interesse ad apparire come un cadeau, agli avversari soltanto per nascondere l’esaurimento di una spinta propulsiva. Berlusconi dovrebbe prendere da chi lo ha osannato oltre misura, spiegazioni convincenti. E lui stesso, proprio nel momento in cui decide di dare vita ad un nuovo modello organizzativo, dovrebbe liberarsi della zavorra che impedisce la ripartenza in tante regioni.

Al punto in cui stanno le cose, non credo che Berlusconi possa fare altro. Limitare i danni sgombrando il tavolo dalle questioni più spinose che lo stanno logorando; mettere alla porta i maggiordomi travestiti da politici che gli dicono sempre di sì, fin quando stazionano a Palazzo Grazioli per poi tramare con i loro compari nella prospettiva che il Capo abbandoni il campo; rilanciare, per come può, l’azione di governo parlando chiaramente alla nazione e dicendo che non tutto va per il verso giusto. Se poi sulla giustizia si decidesse a fare una riforma organica, invece che leggi occasionali, forse potrebbe resistere ancora e vedere la faccia che farebbero i suoi antichi sodali che si sono scoperti vergini improvvisamente.

Certo, non è più tempo di grandi passioni. Ma almeno provare a costruire qualcosa che dia il senso di una speranza possibile, sul piano dei valori da recuperare e di una nuova Italia (meno volgare e cialtrona) da reinventare, credo si possa fare.