Francia, chi sarà il nuovo presidente? Destra fortissima, sinistra a pezzi, Macron può farcela ma non è detto

di Giampiero Martinotti
Pubblicato il 19 Dicembre 2021 - 10:04 OLTRE 6 MESI FA
Francia, chi sarà il nuovo presidente? Destra fortissima, sinistra a pezzi, Macron può farcela ma non è detto

Francia, chi sarà il nuovo presidente? Destra fortissima, sinistra a pezzi, Macron può farcela ma non è detto

Francia vigilia di elezioni. Una destra sempre più reazionaria col vento in poppa, una sinistra a pezzi, un centro che regge grazie a Macron, ma senza alcuna certezza di spuntarla.

A meno di quattro mesi dalle presidenziali, il cui primo turno si terrà il 10 aprile, i pronostici sono vani. E’ invece sotto gli occhi di tutti il predominio delle idee di destra, sempre più radicalizzate.

Nel 2017, Emmanuel Macron aveva messo con le spalle al muro i due partiti che da decenni sostenevano l’architettura politica della V Repubblica: il Partito socialista e i Repubblicani. Dichiarando sorpassata l’alternativa destra/sinistra, era riuscito a imporsi in nome dell’europeismo. E contro la chiusura nazionalista che già aveva minato il fronte conservatore.

Oggi, la sinistra non si è ancora risollevata, la destra democratica tenta faticosamente di rialzare la testa strizzando l’occhio all’estremismo xenofobo.

I sondaggi sono ancora inaffidabili per delineare il volto di chi vincerà la corsa, ma sono utili per descrivere a grandi linee l’umore politico della Francia.

Il consolidamento del fronte conservatore-reazionario è innegabile. Parte con tre candidati. Valérie Pécresse, vincitrice a sorpresa delle primarie dei Repubblicani. Marine Le Pen, al suo terzo tentativo. L’ex giornalista del Figaro Eric Zemmour, alfiere di un neo-razzismo dai toni violenti.

I tre possono contare su un bacino elettorale del 45-48 %, cui si aggiunge un altro 2-3 % dei candidati minori. Sulla carta, dunque, una destra fortissima. Il problema è sapere chi potrebbe spuntarla al primo turno. Difficilmente Zemmour, che seduce per le sue sparate islamofobe, ma che non è visto come un leader capace di guidare il paese.

Il vero duello, a quanto pare, sarà tra Le Pen e Pécresse. La prima si è sbarazzata di molti orpelli estremisti. Ha rinunciato all’uscita dall’euro e dall’Ue, ha messo la sordina al discorso anti-immigrati, ma ha perso consensi a causa del ben più radicale Zemmour.

Pécresse naviga a zigzag. Due anni fa sembrava potesse andare al governo con Macron, ma per vincere le primarie dei Repubblicani si è spostata molto a destra. Come tutti i candidati moderati negli ultimi 15 anni, dovrà guardare a destra con un occhio e al centro con l’altro. Un esercizio che richiede moltissime doti diplomatiche, di cui la candidata non è sprovvista.

La sinistra in Francia, dal canto suo, fa pena.

Nel 2012, quando François Hollande fu eletto presidente, raggiunse al primo turno il 44 % dei consensi. Oggi naviga fra il 24 e il 28 % e nessuno dei quattro principali candidati arriva al 10 per cento. Tutti vorrebbero una sinistra unita, ma nessuno si sogna di ritirarsi.

Anche una possibile nuova candidata, Christiane Taubira, rischia un flop. Originaria della Guyana, popolare per essere stata il ministro della Giustizia che ha difeso in Parlamento il matrimonio per tutti, non sembra per ora suscitare grandi entusiasmi. E parte con un handicap.

In settembre si è rifiutata di lanciare ai suoi concittadini guyanesi un appello in favore della vaccinazione, anche se adesso comincia a pronunciarsi in favore dei vaccini.

Ma al di là degli scarsi consensi dei candidati (negli ultimi tre sondaggi il sindaco socialista di Parigi, Anne Hidalgo, è sotto il 5%), il problema è un altro: finora, nessun rappresentante della gauche è riuscito a imporre un suo tema al centro del dibattito. Tutti parlano al vento.

Resta, infine il presidente uscente, Macron.

Come tutti i suoi predecessori, aspetterà febbraio per annunciare ufficialmente la sua candidatura, ma da settimane è in campagna. Il suo elettorato del 2017 sembra per il momento fedele (24-25 % in tutti i sondaggi da mesi).

E la sua gestione della crisi sanitaria può aiutarlo.Grazie all’enorme sforzo finanziario e all’aumento del debito pubblico, l’economia francese va bene, la disoccupazione è scesa al livello del 2008, la crescita dovrebbe aggirarsi sul 6,6 %.

Macron ha abbandonato le sue idee più liberali, ha disegnato una riforma delle pensioni più morbida di quella abbandonata all’inizio della pandemia. Ma dovrà offrire al Paese un buon motivo per rieleggerlo e soprattutto combattere l’eterna tentazione dei francesi di tagliare la testa al monarca repubblicano a ogni elezione.

Solo due presidenti sono stati rieletti in Francia, François Mitterrand, quando era in coabitazione con un governo di destra. E Jacques Chirac, in coabitazione con uno di sinistra. Nemmeno de Gaulle fu eletto due volte. Certo, nel 1965 fu confermato, ma si trattò della prima elezione presidenziale a suffragio universale. Sette anni prima, il generale era stato scelto da un collegio di 80 mila grandi elettori, com’era previsto dalla costituzione della neonata V Repubblica. Farsi rieleggere è insomma come eseguire un triplo salto mortale: Macron ha i mezzi per farlo, non è detto che riesca.