Chiesa guida negozi, funerali e treni. Tav, Dalla, Cgil nel segno di Dio

di Lucio Fero
Pubblicato il 5 Marzo 2012 - 14:22 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Negozi, funerali, treni: chiedere alla Chiesa. Che fare la domenica, con chi fare sesso, come fare opposizione sociale e politica: domandare a un sacerdote e regolarsi sul metro e sul passo di una istituzione religiosa, anzi cattolica. Negozi aperti o no la domenica, il compagno omosessuale che saluta l’amato scomparso in chiesa, i limiti invalicabili della violenza in piazza: farsi rispondere e guidare dalla Cei, da l’Avvenire, dalla Curia di Bologna, da Don Ciotti. Lo Stato Pontificio è sparito dalle carte geo politiche 140 anni fa ma è vivo e lotta nel cuore dell’Italia e delle sue abitudini.

Nella loro mobilitazione per saracinesca chiusa la domenica e i giorni di festa comandata i sindacati italiani, come novello Costantino, hanno compiaciuti innalzato un novello “in hoc signo vinces”. Nel segno della croce e della fede Cgil, Cisl e Uil  contro i “consumisti nemici della famiglia”, contro le tentazioni delle vetrine e, dio non voglia, degli acquisti la domenica. In fondo non è una novità: la vena “anticapitalistica” della Chiesa, pur datata tre secoli fa, ad una certa sinistra è sempre apparsa modernissima. C’è, fresco di stampa, l’ultimo libro di Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. Testimonia di un afflato, di una convergenza della sinistra “anti finanza” del terzo millennio con la Chiesa “anti borghese” del Settecento. Dunque negozi chiusi la domenica e nelle feste comandate, lo dice la Chiesa e la Camusso diffonde la parola.

Nella basilica di San Petronio a Bologna c’è il funerale di Lucio Dalla. E c’è Marco Alemanno, il suo compagno di vita. C’è soprattutto la “questione” se un legame omosessuale, se un amore gay possa essere reso pubblico in una commemorazione funebre officiata dalla Chiesa. La Chiesa ha la sua risposta: si può, purché sia semi pubblica. Un sacerdote amico del defunto può farlo, accettarlo, consentirlo. Le alte gerarchie della Curia non vietano ma non partecipano per “altri impegni”. E’ la saggezza accomodante e accogliente della Chiesa cattolica, sperimentata da secoli. Qualcuno vuole sia ipocrisia. Sbaglia se applica questa categoria alla Chiesa. Il cattolicesimo non ammette l’omosessualità ma non espelle l’omosessuale a meno che questo non si dichiari apertamente tale e soprattutto non rivendichi all’onor del mondo l’amore gay. La Chiesa è sincera nella sua etica, prendere o lasciare. La notizia, anzi la costante è che il resto, gran parte della società italiana “prenda”, a scatola chiusa. Marco Alemanno ha pianto pubblicamente il suo amore gay in diretta Rai e Sky, con i sacerdoti cattolici alle spalle. Ha costeggiato l’outing ma non ha fatto outing: questa misura e metro sono stati assunti come buoni e universali, ed è questa la novità, anzi la costante.

Infine i No Tav: a chiedere loro di non esser violenti è stato chiamato Don Ciotti. La stampa l’ha riconosciuto, lui sacerdote, come il migliore e più autorizzato “magistero”, la più autorevole e convincente istituzione statuale che possa tracciare i confini della legalità. Don Ciotti ha detto cose sagge, le stesse che dice lo Stato italiano. Ma a questo più o meno inconsciamente si nega autorità morale che invece si riconosce a chi indossa l’abito talare. Lo Stato Pontificio, cancellato 140 anni fa, vivo come non mai.