C’è la recessione, quindi “arraffo”: il furto di massa si fa compulsivo

di Lucio Fero
Pubblicato il 20 Marzo 2012 - 14:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Si “rubicchia” avrebbe detto Totò con ironia di fronte ai 60 miliardi stimati come bottino e giro d’affari complessivo del comparto “corruzione”. Si “rubicchia”, un finto diminutivo buttato lì nell’eloquio a far contrasto e paradosso per esaltare le dimensioni immani del rubare tutto il rubabile. Si “rubicchia” ed è una costante, lo sappiamo, si sa. E allora perché tornarci? Perché, sarà la crisi economica, sarà l’ansia e l’angoscia del non si sa politicamente domani chi comanda, sarà la voglia matta di metter “fieno” in cascina, sarà quel che sarà ma è aumentata e aumenta la velocità dell’arraffo che è diventato compulsivo.

A Bari si arraffa sugli appartamenti: costruiti da un costruttore che per “aiutarsi” con il potere politico e amministrativo a tutti i livelli gli appartamenti li distribuisce e assegna a condizioni favorevoli guarda caso a dipendenti e  dirigenti delle amministrazioni locali. Arraffa la casa che domani non si sa, del doman non c’è certezza. Arraffa, arraffa, così fan tutti e, soprattutto, chissà se tutti potranno continuare a farlo. Arraffa, incarta e abita: quale migliore “investimento” del mattone?

A Milano si arraffa sulle pulizie di giardini e pubblici edifici, si spezzettano gli appalti in modo che siano tutti e ciascuno sotto i 190mila euro in modo da poterli assegnare senza gara. Si arraffa l’appalto e se ne distribuiscono i proventi su un vasto “indotto” sociale. A Napoli i giudici tributari arraffano pratiche per “massaggiarle” fino a renderle morbide per chi sul “territorio” i soldi ce l’ha. La Camorra vince i contenziosi, garantiscono i giudici e numerose famiglie e gruppi sociali trovano qualcosa da arraffare. A Caserta un’indagine neanche tanto difficile scopre che il cento per cento degli studi medici della zona non rilascia fattura. Il cento per cento e amen, i medici arraffano all’unanimità. In Calabria e nel basso Lazio si arraffano i finanziamenti europei all’agricoltura: si fa finta con finti documenti di avere campi e colture, si arraffano i soldi e neanche si scappa, si passa ai prossimi finti campi e colture.

In Parlamento siede indisturbato e neanche sfiorato dall’idea di dimettersi e neanche sfiorato da una censura di massa dei suoi colleghi un “tesoriere” che ha arraffato una ventina e forse più di milioni di euro dei circa 350 che gli sono passati per le mani in dieci anni. L’unico dibattito è: avrà qualcun altro arraffato con lui? Insieme all’amministratore del partito che non c’era più se non per prendere i soldi pubblici a milionate siedono il parlamentare che comprò un palazzo a meno di trenta milioni e lo rivendette a più di quaranta in una sola mattinata. Siede tranquillo, arraffo riuscito. Il Consiglio Regionale della Lombardia è regolarmente presieduto da un presidente accusato di arraffare su ogni licenza urbanistica, di quelle che consentono di aprire esercizi commerciali. A Venezia c’è un ponte che nel progetto iniziale costava quattro milioni, poi diventati in corso d’opera quasi sette e infine dodici alla consegna. A chi obietta l’ex sindaco di Venezia ribatte: “Ma in che mondo vivete, sulla luna, in Italia è così”.

Già è così, in Campania chi ha voluto si è arraffato perfino i pavimenti della reggia di Carditello, ai tempi residenza dei Borboni e un centinaio abbondante di chilometri più a sud, a Paestum, i legittimi proprietari dei terreni si sono arraffati e annessi le necropoli della magna Grecia. E’ così, si “rubicchia” in un gioco di squadra in cui gli eletti dal popolo fanno i pivot e i registi, ma a correre, andare in rete e a canestro sono impiegati, mezze maniche, dipendenti, dirigenti, manager, medici, commercialisti, avvocati, magistrati, imprenditori. Si “rubicchia” in campagna e in città, in provincia e metropoli. E’ così da tempo, la novità è che l’arraffo è diventato bulimico, ossessivo, compulsivo. Che sia questa la risposta dell’Italia profonda alla profonda recessione?