Nomine Rai secondo le regole

di Marco Benedetto
Pubblicato il 27 Novembre 2009 - 01:22| Aggiornato il 3 Maggio 2011 OLTRE 6 MESI FA

Si è concluso il processo di cambiamento dei capi della Rai iniziato con il rinnovo dei vertici societari e continuato con quello delle varie direzioni di testata e di rete . Molti sono stati coloro che hanno seguito le varie fasi, come se ne dipendesse il futuro della democrazia italiana, anche se, come altri più competenti di me in materia hanno accortamente sostenuto, non sono i telegiornali a formare l’opinione pubblica. Al massimo possono creare dal nulla il mito di qualche personaggio (vedi Brunetta) che non avrebbe altro motivo di essere noto al mondo se non sparasse sciocchezze che lo scarso spirito critico dei giornalisti italiani, travestito dal dovere di cronaca, trasforma in versetti della Bibbia.

La storia ha già dimostrato la verità del relativamente modesto peso dei giornali, tele e no, sulla formazione dell’opinione pubblica: c’era una volta quando c’era un solo Tg, lo dirigeva un democristiano di ferro, ma il Pci continuava ad aumentare i propri voti.

Pesano molto di più, nella formazione dell’opinione pubblica gli spettacoli di intrattenimento, di varietà, di educazione: Striscia la notizia conta di più, nella coscienza popolare, del Tg 1; dà più notizie Report del Tg 4. Pesa pertanto molto di più la direzione di Rai Fiction, di cui pochi invece si sono interessati, anche se da lì passa la vera cultura popolare italiana, oltre che i grandi soldi spendibili senza il fiato sul collo dei sindacati.

C’è una cosa che chiunque può verificare cliccando su queste parole: il ciclo delle nomine Rai si è concluso secondo un canovaccio tracciato il 17 aprile in una riunione, tra tutti quelli che nella maggioranza avevano da dire in materia, svoltasi a casa di Silvio Berlusconi, nel corso della quale furono definiti i nuovi assetti: non tutto si è avverato, i nomi, con le dovute eccezioni, coincidono i buona misura.

Forse nessuno l’ha detto al presidente della Rai, che certamente in assoluta buona fede ha detto, dopo la sostituzione di Ruffini con Di Bella alla direzione della terza rete tv, che tutto si è svolto secondo la logica aziendale. Poco tempo fa aveva anche rivendicato l’assoluta autonomia delle scelte: ma forse non gli passano i giornali o non legge la rassegna stampa. Comunque la velina era stata già scritta, solo i rituali della politica, complicati dal cambio al vertice del Partito Democratico hanno ritardato le cose.

Tutto si è svolto secondo regole scritte da tempo, che la maggioranza di destra ha rispettato, come le aveva rispettate quella di sinistra che l’ha preceduta. Le regole, consolidate negli anni, sono perfettamente democratiche: alla maggioranza toccano i due terzi, all’opposizione un terzo. Due è destra, tre è sinistra, cambia bandiera uno. Ci sono delle eccezioni, come Vespa all’uno e Santoro al due, ma l’impalcatura non cambia.