Genova e…il Suicida-Italia. “Ognuno difende il suo lavoro” l’ alibi perfetto

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 13 Ottobre 2014 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA
Genova e...il Suicida-Italia. "Ognuno difende il suo lavoro" l' alibi perfetto

Foto Ansa

ROMA – Orlando Pascucci: “Ognuno difende il suo lavoro”. Alzi la mano chi non condivide la constatazione “ognuno difende il suo lavoro”. Alzi la mano chi non giudica la difesa del proprio lavoro un dovere, un principio non negoziabile, una pratica obbligatoria e obbligata, insomma una sorta di virtù, anzi la virtù cui tutto il resto è secondo, vien dopo. Mani alzate..? Nessuna. Tutti d’accordo. Tutti a “difendere  il proprio lavoro”. Tutti, “difendo il mio lavoro” è il primo e il più osservato comandamento della comunità.

Fin qui ci siamo, ma chi è Orlando Pascucci? E’ l’uomo dei ricorsi al Tar, ricorsi contro l’assegnazione degli appalti per i lavori sul Bisagno. Sì, Pascucci è quello che, non direttamente volendo per carità, ha bloccato il cantiere. Dice a La Stampa appunto “Ognuno difende il suoi lavoro”. Lui lo ha fatto anche dotando i funzionari del Provveditorato alle opere Pubbliche della Liguria di telefoni e automobili (lo dice lui stesso al quotidiano…”E che c’è di male? Era nel capitolato. Approvato anche dal Ministero…”) ma questo è contorno. “Ognuno difende il suo lavoro e che c’è di male?”. Di illegale nulla, proprio nulla. Orlando Pascucci e i mille, diecimila, centomila, un milione, dieci milioni di Pascucci d’Italia difendono solo il loro lavoro. Sempre, comunque, prima di ogni cosa. Infatti non c’è gara di appalto, esito di gara di appalto in Italia che non conosca ricorso. Ricorrere è gratis o quasi e qualcosa alla fine ci si guadagna. Il “proprio lavoro è difeso”, regolare. Quello degli altri un po’ meno, ma che ci vuoi fare, è la vita.

Il ricorso, la carta bollata, l’arrampicata sul cavillo è la regola in Italia. Servono tutti a “difendere il proprio lavoro”. A Genova come a Sarno. Per mettere in sicurezza Sarno l’Europa ci mette 247 milioni. Ma il “Comitato no vasche” e il Comune di Nocera Inferiore chiedono al Tar la sospensiva…Siamo ancora fermi e l’Europa nel 2015 i 247 milioni se li ripiglia e fa bene. A Figline Valdarno una nobile famiglia toscana si oppone alle casse di espansione che dovrebbero difendere Firenze dalle piene dell’Arno. La nobile famiglia si appiglia a un documento che mancava nella procedura di esproprio. Casse di espansione ancora in mente dei. A Reggio Calabria i Comuni litigano e bloccano i lavori per il torrente Budello, sul Seveso il Comune di Senago non vuole la vasca di laminazione…

Su La Repubblica Fabio Tonacci fa un lungo e per forza di cose incompleto elenco di tutti i cantieri bloccati in Italia. Bloccati non perché non ci sono i soldi. Bloccati perché ogni fazione, gruppo di interessi, comitato, istituzione locale, impresa vede nell’appalto-cantiere una diligenza da saccheggiare o almeno dalla quale farsi pagare pedaggio per consentirle di andare avanti. Pensano tutti, presi uno per uno, a “difendere il proprio lavoro…e che male c’è?”

Pensano a difendere il proprio lavoro anche quei funzionari pubblici che mai si assumono una responsabilità, la cui risposta a qualunque istanza o circostanza è sempre un rifiuto, scarto di competenza o un rimando ad altrui responsabilità. Fanno così anche loro per difendere il loro lavoro, identificato con la propria intangibilità: meno decido e più rinvio meno rischi e meno rogne. Pensano a difendere il proprio lavoro tutti coloro che hanno architettato e costruito e oggi difendono il peggio del peggio: il Titolo V della Costituzione riformata. Riformata purtroppo dal centro sinistra sotto cultural suggestione para leghista. Le burocrazie regionali, i sistemi regionali di previsioni meteo dove in una regione si scrive allarme e in un’altra allerta e fanno a non capirsi perché è autonomia. Una ventina di piccoli Stati tronfi e vuoti, presuntuosi e permalosi, avidi e dediti allo sperpero. Sono centinaia di migliaia quelli che li difendono, migliaia nel ceto politico. Anche loro “difendono il proprio lavoro”.

E difendono il loro lavoro, volando dal drammatico al quasi comico, sia i responsabili dell’ospedale di Lugo tra cui non si trovava uno che si assumesse la responsabilità di denunciare ufficialmente i molti e diffusi dubbi sull’infermiera Daniela Poggiali cui capitava spesso, tanto spesso, che il paziente morisse sia quelli che ti bloccano il traffico dicendoti candidi: “Sto lavorando”. “Sto lavorando…” come questo fosse un passe-partout, un salvacondotto, un alibi perfetto per ogni prepotenza e prevaricazione.

L’homo italicus si sveglia al mattino e subito si attrezza a due bisogni/attitudini. Impedire al prossimo di attentare alle sue terga e attentare alle terga del prossimo suo. l’homo italicus si sente legittimato e spinto ad attentare alle terga altrui, è costantemente in missione in nome del “difendo il mio…(lavoro)”. E, siccome sa come è fatto lui stesso, è in costante allerta per attentati alle sue stesse terga da parte di “difensori dei….(lavori) loro. Vivendo così l’homo italicus ritiene di essere molto abile e furbo. Gli sfugge, maledettamente gli sfugge che teorizzando la difesa del proprio sopra ogni cosa, sempre e comunque e facendolo tutti e tutti insieme contro tutti ne deriva un tremendo peggioramento della qualità della vita. Basta mettere due piedi e due occhi al di là dei confini nazionali per capire, provare come questa religione del farsi i cavoli propri sia in Italia fanatica idolatria.

Corruzione, paralisi amministrativa, tortura burocratica, incertezza del diritto…e pure alluvioni e catastrofi naturali ingigantite dall’uomo dall’inizio alla fine (niente scolmatoi e canali per colpa delle “caste” politiche e burocratiche, ma anche cementificazioni dei corsi d’acqua a furor di popolo) trovano in questo perfetto alibi del “ognuno difende il suo lavoro” il perfetto habitat. L’adattamento delle peggior specie all’ambiente Italia è ormai perfezionato. Non si vede, onestamente non si vede come l’alibi che tutto sostiene possa essere discusso. “Ognuno difende il suo lavoro” e peggio per chi ci rimane sotto.