Al Gioco delle Tre Dimissioni vince… Berlusconi o Ferrara o Bersani?

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 7 Novembre 2011 - 16:38 OLTRE 6 MESI FA

7 novembre: flash mob degli studenti universitari con macedonia davanti alla Camera (foto Lapresse)

ROMA – Venghino signori venghino, oggi al Luna Park Italia si gioca al gioco delle tre dimissioni. Gioco mistico, perché le dimissioni sono une e trine: uno come l’unico che va, andrebbe, andrà a dimettersi, cioè Berlusconi. E trine perché narrate in triplice, diversa e contrastante versione. Tre palle, un soldo perché è anche un gioco circense. Con equilibristi e clown, trapezisti, donna barbuta e uomo cannone. Del gran gioco dà le carte per primo Giuliano Ferrara, ed è il gioco delle tre carte. Ecco la prima carta, quella del tardo mattino: Berlusconi si dimette. Ma appena un’ora dopo la seconda carta: si dimette sì, ma non oggi e neanche domani, si dimetterà dopo aver incassato il voto di fiducia. E quindi la terza carta: dopo le dimissioni le elezioni, subito, a gennaio. Tre carte e relativo gioco: dov’è Berlusconi, sotto la prima, la seconda e la terza? Berlusconi scompare con le dimissioni, riappare con la fiducia, riscompare ma neanche tanto con la crisi-lampo, riappare in campagna elettorale in tutto il suo fulgore, riappare definitivamente come candidato leader e, se proprio va male con gli elettori, che muoia Sansone…

Bravo Ferrara nel descrivere con sagace spruzzata di suspence quel che Ferrara vuole. Ferrara pifferaio neanche tanto magico che suona la sua musica e tutti più o meno gli vanno dietro. Lui snocciola: voto di fiducia a Berlusconi, dimissioni di Berlusconi forte di quel voto un minuto dopo, in nome di quel voto di maggioranza e fiducia a Berlusconi nessun altra maggioranza possibile e visibile in Parlamento e quindi nessun altro governo, Napolitano inchiodato alla fiducia raccolta da Berlusconi, scioglimento delle Camera e “giudizio di Dio” delle elezioni. Le tre carte di Ferrara planano con grazia e abilità sulla tavoletta ma sono carte che qualunque soffio di vento può far volare. Non sta scritto da nessuna parte che Berlusconi avrà la fiducia in Parlamento quando la chiederà, non è per nulla stampato nella testa di Berlusconi di dimettersi dopo aver incassato una fiducia quasi per miracolo e infine, prima delle elezioni anticipate, ci sono vari “oste” con cui fare il conto, per esempio il capo dello Stato e le opposizioni. Ferrara vorrebbe, Ferrara disegna…ma son per ora pentole senza coperchi.

L’altro gioco è quello del nascondino. Lo sta giocando Pier Luigi Bersani insieme a Pierferdinando Casini. Si gioca così: si nasconde e poi si fa apparire una maggioranza anti Berlusconi. Martedì otto novembre alla Camera la maggioranza in formazione si mostra, ma si mostra “velata”. Si vota il Rendiconto dello Stato. A ribocciarlo si paga dazio e pegno, ancora, sui mercati. Quindi meglio di no. E poi vai a sapere se i tanti dissidenti da Berlusconi dissentono davvero o tentennano, rientrano, si fanno convincere… Si rischia un’altra “musata”, le opposizioni ne hanno già prese. Quindi sul Rendiconto ci si astiene e lo si fa passare evitando il danno al paese. Però ad astenersi, o comunque basta non presentarsi a votare, non debbono essere solo le opposizioni. Possono farlo anche i dissidenti da Berlusconi se davvero dissentono. Il Rendiconto passa con molti meno di 316 voti alla Camera? La somma delle astensioni e delle assenze è superiore ai voti con cui passa il Rendiconto? Allora vuol dire che la maggioranza della Camera ha votato e voluto il Rendiconto ma non Berlusconi. Con Berlusconi a quota 310 o anche meno si piazza una mozione di sfiducia al premier prima che Berlusconi venga lui a chiederla la fiducia.

Se il gioco del nascondino funziona, le opposizioni ottengono un sacco di cose. Ottengono di contare prima, prima della mozione di sfiducia, chi non sta più con Berlusconi. Ottengono poi le sue dimissioni con un voto a lui contrario del Parlamento su iniziativa dell’opposizione, il che vuol dire mostrare che in Parlamento un’altra maggioranza c’è e può in ipotesi far da base ad un altro governo prima delle elezioni anticipate. Ottengono anche di più di un Berlusconi che chiede la fiducia e non la ottiene: una mancata fiducia attesta che la maggioranza di prima non c’è più, una votata sfiducia attesta che altra maggioranza si può fare. Se il gioco a nascondino funziona, allora il capo dello Stato potrà e dovrà cercare altro governo e Berlusconi sparisce davvero e non per finta come nel gioco delle tre carte made in Giuliano Ferrara.

Il terzo giocatore gioca ancora un altro gioco: quello della testuggine/tartaruga. Silvio Berlusconi ha consultato la famiglia e se stesso. Nessuno è rimasto entusiasta all’idea di mollare. Silvio Berlusconi proverà a prendersi e riprendersi la maggioranza in Parlamento e, se l’afferra, resta dove sta. Perché non risponde ad altro stimolo, non è affascinato dalle elezioni, non ha l’avanguardismo della “bella morte” eventualmente elettorale alla Ferrara, perché Berlusconi è Berlusconi e anche Bossi gioca alla fine solo a far la testuggine. Se scattano, scattano per giocare a “rubabandiera”, se l’afferrano la bandiera poi non schiodano di un passo.

Nel Luna Park Italia, adiacente alla  Grande Pista dove si gioca alle Dimissioni, c’è anche il Labirinto. Dove si gioca ai Quattro Cantoni, anche Cinque magari, ma tutti ciechi. Il primo Cantone si chiama governo Letta, Schifani o sù di lì, comunque un governo di Pdl e Lega senza Berlusconi cui si aggiunge Casini con la sua Udc. Ma non ci sta Casini, non si fida la Lega. Cantone cieco, niente uscita. Il secondo è il governo di unità nazionale con tutti dentro tranne Berlusconi: non ci sta il Pd, non l’Udc, non il Pdl e neanche la Lega. Non si capisce chi ci sta. Il terzo Cantone è il governo di Salute Pubblica, insomma quello di Mario Monti: Bersani ci sta, Casini pure, festa farebbero anche Mario Draghi, Angela Merkel, Barack Obama, la Fed e la Bce. Ma non ci sta Di Pietro e Vendola storce la bocca e Bossi neanche ne vuol senti parlare e per farlo vivere questo governo il Pdl dovrebbe subire scissione e non erosione. Il quarto cantone sono le elezioni anticipate: in Spagna le hanno indette, tra poco votano e solo l’annuncio ha fatto bene all’economia o almeno alla fiducia della comunità finanziaria verso Madrid. Ma in Spagna hanno detto elezioni anticipate senza Zapatero, insomma comunque vada cambio sicuro. In Italia se si va ad elezioni anticipate ci si va con Berlusconi candidato leader: con questa aggiunta, con la prospettiva di vedere una campagna elettorale a destra e a sinistra malmostosa verso l’Europa per non perder voti, nei novanta giorni di crisi con i titoli italiani nel mondo ci incartano il pesce.

Quinto Cantone? Trovarlo… La provvidenza, la fortuna, la responsabilità, l’interesse comune: tutte capricciose divinità alquanto distratte oppure poco venerate in Italia.