Cina rimpalla le accuse sul coronavirus: colpa del Portogallo o degli inglesi. Ma chi ci crede?

di Pino Nicotri
Pubblicato il 21 Giugno 2020 - 06:31| Aggiornato il 25 Giugno 2020 OLTRE 6 MESI FA
Cina rimpalla le accuse sul coronavirus: colpa del Portogallo o degli inglesi. Ma chi ci crede?

Cina rimpalla le accuse sul coronavirus: colpa del Portogallo o degli inglesi. Ma chi ci crede?

Dopo il salmone messo sotto accusa dalla Cina per i nuovi casi di Covid-19 registrati a Pechino ecco che si scoprono focolai di infezione in una grande industria di lavorazione della carne in Inghilterra e in altre tre in Portogallo. 

E adesso? Tutti sfottevano la Cina perché dava la colpa dei nuovi contagi di Covid-19 registrati a Pechino nel gigantesco mercato di Xinfadi al salmone importato dall’Europa. E oltre a definire tutti “poco scientifica” tale tesi accusavano di fatto il governo di costringere i massmedia cinesi a diffonderla.

Adesso a dichiarare che il nuovo virus arrivato a Pechino è davvero di origine europea è l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS).

“Abbiamo ricevuto diverse sequenze del genoma del coronavirus da Pechino. L’origine del focolaio nel mercato della capitale cinese è europea”. 

Lo ha confermato Maria van Kherkove, dirigente dell’OMS,  nel corso del consueto briefing sull’andamento della pandemia da Covid-19 nel pianeta. 

Donald Trump si arrabbierà di sicuro ancora di più contro l’OMS. Accusandola di essere troppo filocinese, il presidente USA le ha sospeso per un periodo di 2-3 mesi il pagamento della quota USA dei fondi che la alimentano. Ma c’è poco da arrabbiarsi: dopo il salmone arriva infatti la carne. Europea anche questa. 

Il ministro inglese della salute Matt Hancock giovedì scorso ha ammesso l’esistenza di  un focolaio del nuovo coronavirus in un’azienda che lavora la carne. E il quotidiano Mirror ha rivelato che si tratta di una grande azienda dello Yorkshire fornitrice dal 2011 di carne fresca e pancetta della catena di supermercati Asda, una delle più grandi del Regno Unito.

Attualmente sono stati sottoposti al tampone circa 100 dipendenti, ma non è stato reso noto quanti sono i casi già accertati che hanno provocato i controlli a tappeto per tutti i dipendenti. Si spera che la carne e la pancetta fornita ai supermercati Asda non diventino vettori del contagio.

In ogni caso, non è stato detto nulla sulla sorte della carne di recente lavorazione. Ritirata e distrutta o regolarmente venduta? Vero è che il Covid-19 non si contrae mangiando, salmone o carne o altro che sia, ma è anche vero che lo si può contrarre maneggiando confezioni e cibo veicoli del suo virus.

In Portogallo il settore lavorazione delle carni ha già destato attenzione ai primi di maggio. Con controlli a tappeto e riservatezza su quanti casi già individuati tra i 500 dipendenti della Raporal, azienda di lavorazione della carne a Montijo, nel distretto di Setúbal.

Il portavoce Antonio Almeida della Raporal l’8 maggio ha garantito che la situazione dei contagio “è controllata”. E che tutti i casi positivi sono in “isolamento domestico”, ma non ha specificato quanti fossero. Con molta disinvoltura ha affermato:

“I numeri sono irrilevanti perché possono andare su o giù. Abbiamo scelto di smettere di parlare dei numeri perché l’importante è che si stia facendo tutto affinché le cose vadano bene”.

Tant’è che Almeida ha spiegato che la Raporal ha continuato a lavorare

“in una situazione di normalità perché ha attivato un piano di emergenza in contatto con le autorità sanitarie e ha testato tutto il personale che era stato in contatto coi casi positivi”.

Secondo il quotidiano O Setubalense, all’8 maggio erano stati già testati 141 dipendenti e di questi 39 erano risultati affetti da Covid-19. C’è però da aggiungere che, sempre in quel di Montijo,  già ai primi di maggio erano stati trovati affetti dal Covid anche altri due lavoratori del settore carne. Uno nello stabilimento del gruppo Montalva, l’altro nello stabilimento del gruppo Carmonti. 

Nel frattempo a Montijo, 39 mila abitati col circondario, i malati di Covid dai 71 del 7 maggio, oltre metà dei quali dipendenti della Raporal, sono oggi diventati il doppio: 140. Tutto sommato, non molti. Come dire infatti 5 mila a Milano e circondario, che di abitanti ne ha 1.400.000 e di malati di Covid ne ha collezionati 24 mila.