Finisce a Bersani-Monti, proprio sicuri? Voto impotente, governi di cristallo

di Riccardo Galli
Pubblicato il 28 Gennaio 2013 - 14:13 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Siamo proprio sicuri che il prossimo governo sarà un esecutivo targato Bersani-Monti? Per quanto possa apparire astratto, l’interrogativo è invece assai concreto. I sondaggi direbbero di sì, ma la campagna elettorale, i toni in questa usata, sembrano smentire i numeri. Non perché i voti del centrosinistra sommati a quelli dell’area Monti non sarebbero sufficienti a governare, ma perché le due realtà, già lontane in partenza, appaiono ogni giorno che passa meno sommabili.

La campagna elettorale sta allontanando Bersani e Monti, i Progressisti della sinistra dai Riformatori del cosiddetto Centro. Si allontanano a colpi di polemiche, reciproci attacchi, reciproche insofferenze. Ma anche si allontano per via dei rispettivi programmi, convinzioni e intenzioni. Non è solo campagna elettorale: in materia di lavoro, welfare, spesa, fisco le due “agende” sono sempre meno sovrapponibili.

E poi c’è un altro problema, anzi due. Chi l’ha detto che l’incapacità, l’impossibilità della politica italiana e quindi anche della società italiana tutta di affrontare “il” problema, incapacità e impossibilità rese evidenti tra l’estate e l’autunno 2011, siano svanite? E se la resistenza del sistema politico, ma anche dell’elettorato e dell’intero paese a cambiare davvero i connotati a se stesso si riproponesse tal quale nell’esito delle elezioni di febbraio 2013?  E poi chi l’ha detto davvero che Bersani e alleati avranno il 35% abbondante e Monti il 15%, condizioni sine qua non per l’alleanza, sia pur sofferta, di governo tra i due?

I tecnici furono chiamati poco più di un anno fa per salvare il Paese dai problemi che la politica, e quindi la società, non riusciva a risolvere. Ora che anche i tecnici sono politici cosa ci fa ritenere che il Paese sia così cambiato da essere in grado di esprimere una classe dirigente in grado di superare e archiviare i problemi del passato? Rischia questa di tradursi in una pia illusione, pronta a dissolversi in breve tempo lasciando una volta ancora l’Italia in balia delle sue contraddizioni.

Limitandosi ad un’analisi numerica di quelle che sono le intenzioni di voto l’unico governo che sembra poter uscire dalle urne il prossimo 25 febbraio è un governo guidato da Pierluigi Bersani con l’appoggio di Mario Monti. Una maggioranza di centrosinistra al Senato appare infatti assai in bilico, potrebbe materializzarsi ma rischia concretamente di non esserci. Ed ecco quindi che il ticket Bersani/Monti appare se non come l’unico almeno come il più probabile. Una proiezione che però sembra dare per scontate molte cose, probabilmente troppe, senza tenere in alcun conto la composizione e la pancia della società italiana. E senza tenere apparentemente in alcuna considerazione quelle che sono le parole che questa campagna elettorale ci sta regalando.

Al di là dei numeri appare assolutamente chiaro che mai e poi mai Bersani potrà allearsi con Silvio Berlusconi o Beppe Grillo, come altrettanto chiaro risulta che mai Monti si alleerebbe con il Cavaliere, forse con il centrodestra ma mai con l’ex premier. L’unica accoppiata in grado di tradursi in maggioranza parlamentare è allora, per esclusione, quella Bersani/Monti. Un’accoppiata alquanto innaturale ma che l’anno di governo congiunto, con il Professore premier e il Pd partito di governo, sembrava rendere plausibile. Da quando però Monti ha smesso i panni del tecnico per indossare quelli del candidato premier alleato con due che di tecnico nulla hanno, come Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini, molto è cambiato. Il Pd è diventato uno dei soggetti principali degli starli dell’attuale premier e gli attriti e i distinguo hanno smesso di riguardare solo montiani e vendoliani allargandosi a tutta la coalizione di centrosinistra.

Quindi si va configurando una situazione in cui A non può stare con B al governo e B non può stare con C al governo ma anche C non sembra poter stare con A al governo. Vero è che in campagna elettorale in Italia e non solo si tende anche a spararle un po’ grosse più per attrarre voti che per altro. Ma è anche vero che oltre un certo limite anche le parole elettorali hanno un peso e va tenuto in conto che il confronto tra Bersani e Monti è diventato su molti terreni vero e proprio scontro, basti pensare alle diverse idee riguardo il mercato del lavoro o la tassazione.

Fuor di numeri l’alleanza tra centrosinistra e area montiana appare poi quanto mai innaturale e poco fattibile in un Paese che mai storicamente ha saputo unirsi di fronte alle difficoltà. L’Italia, paese fondamentalmente conservatore culturalmente ora evoluto in paese di corporazioni glacificate, altro che “liquide”, non ha infatti mai saputo fare quello scatto che gli consentisse di superare divisioni ideologiche e miopia di interessi di fronte a gravi problemi da risolvere. Proprio di questa incapacità è figlio l’attuale governo Monti, nato e chiamato per sostituire la politica, politica che è rappresentazione ed espressione della società e politica che, lasciata a se stessa, avrebbe finito per trascinare il Paese nel famoso baratro.

Da allora sono passati poco più di dodici mesi. Gli attori politici sono gli stessi di allora e i due alleati di Monti sono due che sino a qualche anno fa formavano governi con quel Berlusconi che oggi giudicano inappropriato. Dall’altra parte c’è, ancora una volta, il Cavaliere e dall’altra ancora il Pd che mai ha avuto dal Paese una maggioranza sufficiente a governare. Maggioranza che rischia di non avere nemmeno questa volta, e che viste le premesse non avrà probabilmente mai perché se non si vince in queste condizioni non si vince punto. Non esattamente un quadro che lasci presagire uno scenario radicalmente diverso da quelli passati.

Ma se Bersani e Monti si riveleranno inconciliabili, se l’Italia che uscirà dalle urne sarà cioè quella di sempre, cosa sarà di questo Paese dopo il voto di febbraio? Se il centrosinistra non conquisterà il Senato e se l’alleanza con Monti non nascerà, o anche nascerà con le premesse fin qui fatte, quindi storta e mal digerita a destra come a sinistra dello schieramento, si avrà con ogni probabilità un governo di cristallo. Un governo come spesso abbiamo avuto fragile, incapace di affrontare questioni fondamentali per il nostro Paese e pronto a sciogliersi come neve al sole al primo vero problema. Uno scenario fosco e che nessuno si augura, ma un film che gli italiani hanno già visto moltissime volte. Non a caso e speriamo solo per scongiuro sono in tanti a pronosticare che il prossimo governo durerà un anno, al massimo due.