Bangladesh: dove gonfiano le prostitute bambine con le pillole delle mucche

Pubblicato il 20 Agosto 2012 - 12:23| Aggiornato il 17 Marzo 2015 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Nei numerosi bordelli del Bangladesh, dove la prostituzione è la prima industria di questo paese poverissimo, le “operaie del sesso” sono quasi serenamente ridotte in schiavitù, vendute a vita dalle famiglie e costrette fin da bambine ad assumere la cow pill, la pillola delle vacche, per ottenere forme più morbide e sinuose. Su 140 milioni di abitanti, quasi il 50% vive sotto la soglia di povertà e prostituirsi resta la disperata unica chance per assicurare alle famiglie i mezzi di sussistenza. Le statistiche descrivono il fenomeno con la forza dei numeri: la prostituzione è stata legalizzata nel 2000 (ma non per le minorenni), 100 mila prostitute censite, 200 mila le donne vendute all’estero negli ultimi venti anni; per l’Unicef le minorenni che affollano i bordelli sono 10 mila, stime indipendenti triplicano quella cifra.

Ma serve la penna dell’osservatore di razza per raccontare lo strano inferno dove schiave del sesso bambine stipate nei vicoli e nelle capanne dei distretti del sesso sorridono alla vita e ai “turisti, ai marinai, agli scaricatori di porto e miriadi si sfaticati di ogni genere”. E’ dal reportage vecchio stile di Ettore Mo, pubblicato sul Corriere della Sera di domenica 19 agosto, che riceviamo le impressioni più forti sulla vita quotidiana nei lupanari e nei bordelli. Che sono luoghi a sé, spesso isole o villaggi. E dove, la presenza di così tante adolescenti, quando non bambine, conferisce a quei luoghi di segregazione e sfruttamento “un’atmosfera festosa e, a volte, un po’ sguaiata, da carnevale”.

Dove sui giornali locali si è appresa la sconcertante notizia che il flusso delle acque delle fogne “era stato inesorabilmente bloccato da una barriera di preservativi”. Siamo nell’isola di Bani Shanta, vicino a Faridpur (due ore e mezza a est di Dacca) il luogo dal quale Ettore Mo invia la sua corrispondenza. Ha conosciuto per nome giovanissime e chukry, le troppo vecchie per esercitare ancora ma condannate a vivere come mendicanti negli stessi posti dove sono state schiave.

Ha parlato con Hashi, ragazza di diciassette anni che si prostituisce da  quando ne aveva dieci e che, potenza della sua gioventù e della mancanza di alternative, sembra felice: “Sono in grado di intrattenere e soddisfare ogni giorno un bel numero di clienti, talvolta fino a quindici”. Con 4/5 al giorno si consentono vitto e alloggio. Ma quasi sempre i  guadagni se li intasca tutti la ruffiana, sardanis si chiamano qui, che il più delle volte ha comprato l’esistenza delle ragazzine per somme inferiori ai nostri 300 euro.

Ora, al disastro emotivo ed esistenziale, si è aggiunta questa pratica di ingrassare le ragazzine con gli steroidi che usano i veterinari. La pillola che serve a far aumentare il peso delle vacche, l’Oraxedon, consente alle tredicenni di esibire un corpo da donna, non fa sentire la fatica e l’angoscia, le rende più produttive. Ma fa invecchiare precocemente, rovina la pelle, alla lunga fa malissimo. La pillola la prende il 90% delle minorenni. Ai turisti, ai marinai, agli scaricatori di porto e agli sfaticati di ogni genere che accorrono in risciò, piacciono così.