La sfida legittimo impedimento alla Consulta, le tesi in gioco

Pubblicato il 10 Gennaio 2011 - 20:18 OLTRE 6 MESI FA

Silvio Berlusconi

La sfida al secondo piano del Palazzo della Consulta sarà di fatto monca. Uno dei due contendenti, vale a dire la magistratura di Milano, verrà rappresentata domani dalla sintesi delle ragioni dei tre ricorsi che il giudice relatore della causa sul ‘legittimo impedimento’, Sabino Cassese, farà in apertura di udienza pubblica.

Come prassi vuole, ad illustrare ai giudici dell’Alta Corte le ragioni a difesa dello ‘scudo’ saranno due voci che, di fatto, parleranno all’unisono: prima i legali del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, poi gli avvocati dello Stato, Michele Dipace e Maurizio Borgo, per conto della Presidenza del Consiglio. Ecco, in sintesi, le tesi pro e contro la legge 51 dell’aprile del 2010 grazie alla quale Berlusconi è al riparo, almeno fino all’ottobre prossimo, dalla ripresa dei tre processi a suo carico (Mills, Mediaset e Mediatrade).

GIUDICI DI MILANO, E’ UNA NUOVA IMMUNITA’. Per i magistrati che hanno fatto ricorso alla Consulta la legge introduce una ”presunzione assoluta” di impedimento che di fatto introduce un’immunita’, per la quale sarebbe stata necessaria una norma costituzionale e non ordinaria (violazione dell’art. 138 della Costituzione). Inoltre, nel contemplare una serie amplia ed indeterminata di attivita’ del premier e dei ministri sottrae al giudice ”il potere-dovere di verificare l’effettiva sussistenza dell’impedimento”. Lo ‘scudo’ si traduce infine in una ”causa automatica di rinvio del dibattimento sproporzionata rispetto alla tutela del diritto di difesa” (violazione dell’art.3)

LEGALI BERLUSCONI, GIUDICE NON PUO’ SINDACARE IMPEGNI PREMIER Per Ghedini e Longo l’attività del premier, ”essendo essenzialmente politica”, deve essere ”libera sia nei fini che si prefigge, sia nei mezzi attraverso i quali si propone di realizzarli”. Perciò il giudice puo’ ”controllare l’autenticita” dell’attestazione della presidenza del Consiglio, ma non può ”sindacare il merito dell’attività di governo, giudicandola più o meno importante o necessaria”.

E ancora: la legge – secondo gli avvocati – non introduce una prerogativa costituzionale ma semplicemente la tipizzazione di alcuni casi di impedimento per premier e ministri a comparire in udienza e dunque l’integrazione di un istituto processuale già esistente (l’art. 420-ter del codice di procedura penale). Inoltre, avendo un carattere temporaneo (18 mesi) la norma non può regolare un’ immunità (”a meno di voler pensare che le prerogative costituzionali abbiano una scadenza”). Quanto al carattere di ‘legge ponte’ verso un mai nato lodo per via costituzionale, il ‘legittimo impedimento’ ”non intende anticipare a livello di legge ordinaria gli effetti di una riforma costituzionale”.

AVVOCATURA DELLO STATO, NON E’ RIEDIZIONE DEL LODO ALFANO Il legittimo impedimento – scrivono gli avvocati dello Stato nelle loro memorie – non e’ una ”mera riedizione” del ‘lodo’ bocciato un anno fa dalla Consulta perche’ ”non introduce alcuna forma di immunita”, ma si tratta di un ‘istituto processuale” che si limita a ”tipizzare”, per il presidente del Consiglio e per i ministri, ”la portata dell’istituto dell’impedimento a comparire”. Inoltre, sostengono Di Pace e Borgo, la legge ”contiene un ragionevole bilanciamento dei due valori costituzionali, quello dell’esercizio della giurisdizione e quello dell’esercizio delle attività politico-istituzionali dei membri del governo, senza far prevalere l’uno sull’altro e soprattutto senza sacrificarne nessuno”.