Il salvacondotto a Berlusconi, il prezzo sbagliato dell’addio

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 12 Novembre 2010 - 16:26| Aggiornato il 13 Novembre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Dalla cronaca politica di pagina tre del La Stampa del 12 novembre: “Centrodestra bis e governissimo sono due scenari destinati ad accendere una reazione fiammeggiante da parte di Berlusconi. E’ per questo motivo che in diversi ambienti, di maggioranza, di opposizione e fuori dalla politica, si sta studiando un pacchetto che possa evitargli un accanimento fuori misura, come la possibile reintroduzione della immunità parlamentare, ovvero forme aggiornate di prescrizione”. Non c’è una parola inventata in questa cronaca normale di una situazione surreale, ai confini e oltre della realtà conosciuta nelle crisi di governo. Non c’è nulla di inventato: maggioranza, opposizione e “ambienti fuori della politica” si pongono il problema del salvacondotto a Berlusconi. Sì, c’è anche questo nel “pacchetto” del problema Italia. Non solo la disoccupazione, il debito, il Pil che rallenta, la produttività stagnante, l’evasione fiscale, i tagli alla spesa pubblica, la riforma elettorale, le alluvioni e la monnezza. C’è il problema del salvacondotto a Berlusconi.

Già, perché se Berlusconi smette di essere presidente del Consiglio e quindi “legittimamente impedito” a presentarsi ai suoi processi che quindi lo devono attendere e fermarsi sine die, se Berlusconi non più premier non potrà più avvalersi dello “scudo” in costruzione, se Berlusconi diventa solo e soltanto un leader di partito, allora rischia grosso una condanna penale, quella al processo Mills. E quindi con estrema naturalezza e “realismo” ci si interroga e ci si occupa di come fornirgli salvacondotto. Come fosse la cosa più ovvia. Dicono i “realisti” che questo è il prezzo da pagare se si vuole che l’Italia possa cambiare premier senza finire in una sorta di “guerra civile”, parole fresche del premier pronunciate dalla Corea. Dicono i “realisti” d’opposizione che può essere un prezzo “giusto”. Dicono, anzi sussurrano solo per ora, i “realisti” della Lega e del Pdl che questo è un prezzo dovuto. Se Berlusconi lascia gli deve essere garantito il salvacondotto.

E’ il tipico problema che si pone non quando una democrazia cambia un premier ma quando sta crollando un regime, cioè qualcosa che non ha funzionato secondo principi e regole della democrazia. Al “Condottiero” che vacilla, perché non resista sulla linea del “muoia Sansone con tutti i filistei” e non faccia crollare il tempio sulla testa di tutti, si dà salvo il patrimonio e la libertà. Legge o non legge si fa una suprema e solenne eccezione per pubblica salute e sicurezza. Di solito si aggiunge che il “Condottiero” in cambio si trasferirà all’estero ma in questo caso il salvacondotto vale anche sul territorio italiano. Di questo discute sotto traccia la politica italiana e non solo la politica. E i giornali, tutti, non solo quelli non amici del premier, giocano con le similitudini, di “colore” e di “costume” tra la fine del Ventennio mussoliniano e il possibile tramonto del Ventennio berlusconiano. E’ un gioco di società sciocco due volte e due volte pericoloso. Sciocco perché vende la pelle dell’orso Berlusconi ben prima che la preda sia stata cacciata e battezza come regime autoritario quel che dittatura non è. Pericoloso perchè veicola, sdogana e timbra l’idea che in Italia la democrazia non basti più, che le sue regole non siano più “realistiche”. Berlusconi è un premier eletto, il Parlamento lo può sfiduciare. Questi sono i suoi diritti e doveri. Il salvacondotto, richiesto o concesso, calpesta entrambi.