Bologna. Marito diventa “lei”, per Comune divorzio d’ufficio

Pubblicato il 22 Dicembre 2009 - 11:33 OLTRE 6 MESI FA

L’uomo non separi quello che Dio ha unito. Si appella a questo la “strana” coppia bolognese che rischia di diventare il primo caso di matrimonio tra due persone dello stesso sesso in Italia.  Mentre infatti le istituzioni sono messe alle strette dal popolo gay che chiede a gran voce una legge sul matrimonio fra omosessuali a dispetto dei veti posti dalla Chiesa, il caso di Alessandra Bernaroli e sua moglie ha tutte le carte in regola per costituire un significativo precedente.

Le due donne infatti, quando Alessandra era ancora un uomo, si sono sposate nel 2005 con rito civile e religioso. Nel 2007 la prima operazione per cambiare voce negli Usa e a seguire interventi su sesso e lineamenti del viso in Thailandia. Le due donne rimangono insieme e vivono sotto lo stesso tetto. Ci si chiede infatti se le due attuali compagne non abbiano architettato la sequenza degli eventi, matrimonio e cambio di sesso, proprio per realizzare un sogno comune a molti omosessuali, realizzabile in altri paesi d’Europa ma non in Italia. Contorta sia la storia che il piano: lei lesbica, lui gay si sposano poi lui cambia sesso e diventa lesbica. Questo è tutto da chiarire. Ma Alessandra precisa: “Siamo la prima coppia di donne regolarmente unita in matrimonio ma non siamo gay”.

A rompere un equilibrio non poco contorto, arriva il Comune di Bologna che li ha uniti in matrimonio e che ora vorrebbe dividerli tra l’imbarazzo dei funzionari e l’incombere di quella che potrebbe diventare una “querelle” politica. Terreno minato per il comune di Bologna dopo le fresche polemiche tra il presidente della Regione Vasco Errani e l’arcivescovo delle due torri Carlo Caffarra sull’apertura del welfare emiliano-romagnolo anche “alle altre forme di convivenza”. Per giunta nel mezzo di un’altra bagarre suscitata da una pattuglia di gay che ha bussato alla porta del sindaco Flavio Delbono chiedendo di potersi sposare.

La disputa col Comune comincia nello scorso novembre quando la signora, dopo che il tribunale sancisce il cambio di sesso, chiede all’anagrafe la carta d’identità modificata. Il funzionario dello stato civile tentenna accorgendosi che il mutamento finisce per configurare un matrimonio tra donne. Alla fine il documento viene rilasciato di fronte a un’ordinanza dello stesso tribunale, ma l’ulteriore richiesta di uno stato di famiglia viene bloccata. In Comune si accorgono con un certo sconcerto che rilasciare quel documento vorrebbe dire sancire ufficialmente un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Così viene stampato uno stato di famiglia in cui le due donne risultano di fatto separate pur abitando nello stesso appartamento. Un vero paradosso legal burocratico.

“Il comune ci ha divise commettendo un abuso d’ufficio, vale a dire un atto privo di giustificazioni giuridiche” si arrabbia la signora Bernaroli.  Peccato che in Italia la legge tra due persone dello stesso sesso non esiste e quindi per lo Stato le due donne al momento non possono e non sono sposate.  Ma ad Alessandra questo discorso non piace: “Noi siamo tuttora unite in matrimonio, non abbiamo intenzione di divorziare e non mi risulta che esista nessuna legge che proibisca le nozze fra persone dello stesso sesso e imponga un divorzio d’ufficio”.

A parte le questioni normative e morali, lo strano caso delle due donne sposate, sta creando problemi di tipo fiscale. “Come possiamo fare a compilare la denuncia dei redditi visto che l’appartamento e la macchina sono cointestati e il coniuge risulta a mio carico?” chiede Bernaroli. La questione potrebbe finire in tribunale se il rompicapo non verrà sciolto. La signora, un impiego alla banca popolare dell’Emilia Romagna dov’è segretario generale della Fisac Cgil, ha già interessato del caso Ivan Scalfarotto, la Cgil “Nuovi diritti”, il capogruppo bolognese del Pd in Consiglio comunale, nonché ex presidente Arcigay, Sergio Lo Giudice.

“Andrò fino in fondo – promette Bernaroli più che mai combattiva – perché il Comune non può dividere la mia famiglia. Io e mia moglie non abbiamo niente da nascondere, siamo contente così. Capisco che il sindaco si rifiuti di sposare due gay, ma non può sciogliere ciò che è unito”.

In questo modo però si rischia di considerare il matrimonio un semplice contratto tra due persone, che dal punto di vista legale, fiscale e burocratico può forse portare dei benefici. L’intreccio di interessi e valori divergenti è intricatissimo: amore, autodeterminazione di genere, opportunismo, discriminazione, integrità e ruolo delle istituzioni sono di fatto le tessere di un mosaico impazzito. Ma il rebus andrà risolto prima o poi, salvaguardando sentimenti e termini di legge.