Claudio Scajola prova a risorgere ancora nel nome di Cristoforo Colombo e con 60 deputati del pdl, tra Berlusconi e Bertone

di Franco Manzitti
Pubblicato il 10 Agosto 2010 - 13:34| Aggiornato il 14 Marzo 2011 OLTRE 6 MESI FA

Claudio Scajola

Sulla verde collina di Bavari, nell’austero entroterra di Genova, Paolo EmilioTaviani si rivolterà nella sua tomba, dove giace dal 2001, dopo l’ultima mossa del suo ex prediletto, Claudio Scajola, “il ministro che non sapeva”, come lo ha definito la corrosiva critica dei  nemici di fronte al suo atteggiamento per le accuse sull’acquisto e il pagamento della famosa casa romana con vista Colosseo.

L’ex titolare del dicastero-chiave dello Sviluppo Economico ha sempre negato di sapere che quella casa di via Fagutale , un mezzanino, pagato con 80 assegni di provenienza della cricca, era stata in parte consistente un dono per lui da quelli della “cricca”. In cambio di che?

Taviani non approverebbe certo la decisione di intitolare a Cristoforo Colombo, il navigatore prediletto dei suoi studi, la Fondazione attraverso la quale Claudio Scajola sta cercando di risorgere per la terza volta da un incidente-scandalo che ha bloccato la sua folgorante carriera di fedelissimo del cavaliere Silvio Berlusconi. A tre mesi esatti dalle sue dimissioni da ministro, l’ex sindaco di Imperia, arrestato e poi prosciolto nel 1982 per concussione, l’ex titolare del Ministero dell’Interno dimessosi nel luglio del 2001 per la famosa frase nella quale dava al martire Br Marco Biagi del “rompicoglioni” ed infine scivolato in via del Fagutale nel 2010, sta tentando, infatti, la sua terza resurrezione, attraverso quella Fondazione intitolata al navigatore presunto genovese che scoprì l’America e divenne il pallino di Taviani, partigiano, antifascista, fondatore della Dc ligure e maestro della dinastia Scajola, il cui ultimo (o penultimo?) esponente è proprio Scajola Claudio, di cui trattasi.

Mica una mossa da poco, se dentro a quella Fondazione ci sono già almeno sessanta deputati del Pdl in dissoluzione, tutti berlusconiani ( e scajolani) di stretta osservanza come Antonio Martino, l’ex ministro degli Esteri, Giuliano Urbani, Salvatore Cicu, Paolo Russo,Giuseppe Moles, Sabrina De Camillis, Osvaldo Napoli, Guido Viceconte, e poi l’impareggiabile Raffaele Lauro, ex capo di Gabinetto del “re” di Imperia e consigliere della Carige genovese. Senza contare, tra i nuovi colombiani, i liguri vedovi come nessun altro di Scajola, dal coordinatore regionale Michele Scandroglio, rientrato nei ranghi dopo la tentazione di introdurre in Liguria come sostituto del suo capo il prode Vincenzo La Russa, ministro della Difesa e Roberto Cassinelli, il mite. “Siamo già più dei finiani” _ proclamano i neo fondatori, contandosi mentre il capo sta silente tra la sua magione sulla tranquilla collina di Imperia, località Diano Calderina e riservatissime vacanze in Corsica, stretto dall’affetto famigliare che sembra vedere finire novanta giorni di lutto stretto. Scajola non parla e non compare, anche dopo la mossa Colombo. Lo farà dopo Ferragosto in un improvviso comizio da uno di quei paesini che stanno arroccati sulle alture tra la Riviera di Imperia-Sanremo e i contrafforti delle Alpi Marittime.

Non ha mai più parlato l’ex ministro dopo quella esternazione di 45 minuti nel salotto di Bruno Vespa, nel giorno delle sue clamorose dimissioni e poi è pubblicamente comparso solo a Roma, silenzioso, ma tranquillo della sua terza risalita, un record da Lazzaro.

A Imperia silenzio e “invisibilità”, salvo la partecipazione a un matrimonio di famiglia, tanto per mostrare  la sua tranquillità. Certo il suo feudo, quello di Imperia, dove da anni non si muove foglia che Scajola non voglia, ha tremato dalle fondamenta, come un po’ tutta la Liguria che aveva in questo leader deciso, pragmatico, la figura opposta a quella apparentemente fatta fessa dalla cricca nel caso della casa di via Fatugale, unico punto di riferimento in una regione nella quale la Destra, continua a prendere sberle ad ogni elezione, l’ultima lo scorso aprile nelle Regionali, dove Claudio Burlando ha stracciato Sandro Biasotti, il candidato scelto con largo anticipo( e forse molta sufficienza) dal ministro.

A Imperia lo scossone era stato preso come un tornado di quelli che spazzano da cima a fondo un territorio minuziosamente controllato, ma con una buona dose di incredulità e qualche spiegazione anche un po’ cinematografica. “Risorgerà sicuro” _ sostenevano i fedelissimi della Provincia, come il neo presidente Luigi Sappa o come il sindaco di Imperia Antonio Strescino o come il senatore Gabriele Boscetto. E a Genova i proconsoli, sempre un po’ in lotta tra di loro, come Pierluigi Vinai, vicepresidente di Fondazione Carige, membro ferreo dell’Opus Dei, uomo del cardinale Tarcisio Bertone, ex arcivescovo di Genova e Michele Scandroglio, mostravano, il volto sicuro della riscossa.

E come non poteva allinearsi a questo spirito un po’ dolente , un po’ smargiasso, lo spaventatissimo Marco Scajola, nipote del ministro, appena eletto in consiglio regionale con il boom dei voti in tutta la Liguria, l’ultimo membro della schiatta di Imperia, inaugurata da Ferdinando, padre di Claudio, sindaco Dc degli anni Sessanta, seguito da Alessandro, fratello di Claudio, seguito da Claudio stesso.

Anche la famiglia ha tremato, eccome, nella sua villa di Diano Calderina, per i missili sparati contro la moglie di Claudio, la professoressa Maria Teresa Verda, figlia di un rispettabilissimo avvocato civilista, storica dell’arte, accusata di infiniti privilegi per la vicinanza con il potente ministro e sospettata di avere esercitato in lungo e in largo per la Liguria un ruolo da first lady, un po’ tanto esibito e di avere incassato favori da Sovrintendenze e cattedre universitarie.

Come non poteva spaventarsi Alessandro, il fratello, ex deputato anche lui della vecchia Dc e oggi vice presidente di quella potente Carige, nata proprio come Cassa di Risparmio di Genova e Imperia?

La spiegazione di una caduta così clamorosa e non tagliata su un politico così prudente e riservato come Claudio Scajola è così stata prevalentemente quella del “complotto”, del “pacco”, confezionato da nemici interni e esterni, sopratutto da quelli interni, come il potente Giulio Tremonti, gran rivale di Scajola, mal sopportato sempre, un leader agli antipodi per quella sua aria professorale, strafottente, economicamente snob, english spoken fluently, internazionale, globale, rispetto al look solidamente democristiano, da solida provincia di Scajola, uno che a Genova ci andava il meno possibile ed anche con un certo fastidio per quei salotti chiusi e quelle arie da rapaci degli imprenditori con le tasche cucite e la puzza sotto in naso per chi arriva dalla Riviera. Figuriamoci da quella dei Fiori, che sono tutti un po’ “leggere”, abituati a trafficare con i francesi e più tentati dal confine tortuoso con il Piemonte che da Genova, matrigna, capace nei secoli passati di puntare i cannoni della Repubblica su Sanremo e di insabbiare il porto di Savona.

Lo hanno fregato perchè aveva combinato il nucleare con i francesi e non con gli americani”, spiegavano nei bar di Imperia Oneglia, sotto quei portici che fanno assomigliare la provincia imperiese a una dependance di Cuneo sul mare.

Vera o non vera la teoria del complotto per cancellare Scajola, il suo territorio, in assenza del capo sul ponte del commando, stava muto e attonito e in attesa, come nella poesia del Manzoni, datata 5 maggio, solo due giorni dopo la caduta di Scajola del 3 maggio. Attesa poi rovinosa perchè, esiliato in collina il ministro, dopo lo choc è successo di tutto. Inchiesta sulle collusioni tra mafia e potere politico da Bordighera e Sanremo con assessori decapitati ed epocali scontri politici nella Pdl, inchieste giudiziarie delle Procure e della Corte dei Conti sui costi faraonici di costruzione del porto di Imperia che, sotto l’ala protettiva della dinastia Scajola (e per la verità anche del Pd Burlando), sta erigendo la coppia gossip più eclatante della Riviera, le bella Beatrice Cozzi Parodi, vedova di un big di Imperia ex deputato Dc Gianni Cozzi e il potente Francesco Caltagirone Bellavista, gran palazzinaro, sbarcato per amore e per business sulla costa ligure. E a Genova?

Lì la dissolvenza di Scajola ha prodotto gli scossoni di uno schianto politico nel quale il pollaio Pdl si è messo a starnazzare come quando il gallo non si fa proprio più vedere. Ha tentato di sostituire Scajola lo sconfitto alle Regionali, Sandro Biasotti, deputato a Roma e rivale storico, poi addomesticato da Scajola, ha preso ulteriori distanze il delfino Enrico Musso, senatore, ex sfidante al Comune di Genova della Marta Vincenzi, sindachessa trasbordante del Pd, hanno tuonato severi i fedelissimi Vinai e Raffaella Della Bianca, nuova leader in Regione.

Ma l’atmosfera era di scatafascio puro e di dissolvenza in una città dove le radici piantate dal Pd e dalla sua parte ex comunista sembrano oramai solide in secula seculorum, se non ci pensa la Lega, unico partito del centro destra che avanza.

E non valeva certo la presunta amicizia di Scajola, chiuso nel suo orto di Cincinnato, con il cardinale Angelo Bagnasco, presidente Cei, che il feeling tra la potente Curia genovese e Imperia non era certo a prova di bomba e Sua Eminenza aveva già da fare troppo nella chiesa assediata dagli scandali pedofili e dalle grane del tipo cardinal Sepe, un altro ingarbugliatosi nella rete della cricca, fatale al povero Scajola, peccatore di Imperia.

Che fa Scajola? Mano a mano che ci si avvicinava alla scadenza dei tempi processuali per l’inchiesta di Perugia sulla casa di via Fagutale, senza che il ministro ricevesse alcun segnale, la strada di un suo ritorno si è fatta sempre più urgente, anche se si immaginava la rentrée in loco, tanto per tamponare i disastri locali, il vuoto del potere tra Genova Imperia.

Invece è arrivato Colombo e, grazie probabilmente a Gianfranco Fini, una mossa ben più larga, una rete gettata a strascico in mezzo al Parlamento e una pesca di uomini ben più ricca del previsto. Salvo i fulmini che pioveranno dal cielo ( e da Bavari) per avere usato il nome di Colombo, il navigatore che Taviani studiava per nobilitare le origini genovesi e che Scajola ora usa per risorgere. Per la terza volta.