Governo: Bersani ci spera, Napolitano meno. Arriva l’incarico, ma a chi?

Pubblicato il 21 Marzo 2013 - 20:17| Aggiornato il 30 Ottobre 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Pier Luigi Bersani ci spera, Giorgio Napolitano un po’ meno. E’ finita la due giorni di consultazioni al Quirinale, finita senza sorprese o colpi di scena. Tutti i partiti, di fatto, a Napolitano hanno ripetuto più o meno la lezione imparata a memoria e comunicata negli ultimi giorni. Così giovedì sera Bersani si presenta in conferenza stampa cercando di mostrare ottimismo, di far vedere che spazio per fare un governo c’è. Anche se lui il diretto interessato non dovesse essere il capo di quel governo.

Napolitano, che non ha sentito solo la campana Bersani, ha un’espressione diversa. Parla poco, si limita a dire che si prenderà una serata e una notte di “riflessione” in cui “riordinare le idee e gli appunti” e che domani (venerdì) arriverà la sua decisione. Che sia un incarico vero e proprio o un semplice mandato esplorativo è presto, troppo presto per dirlo.

Sta di fatto che dopo due giorni di incontri la situazione appare in stallo completo: il Pd esclude accordi col Pdl. Resta Grillo che però ipotizza accordi solo con sé stesso e chiude a ogni possibile nome di “garanzia”. Berlusconi ripropone le grandi intese ma Bersani esclude un accordo che avrebbe il sapore della morte politica per il Partito Democratico. E un “Monti” alternativo stavolta Napolitano non ce l’ha. Il Monti vero al governo c’è già, e scegliendo di scendere in campo si è precluso la possibilità di essere l’uomo della “provvidenza”.

Le parole di Bersani. “Abbiamo consegnato al presidente le nostre riflessioni – ha esordito in conferenza stampa Bersani –  Riflessioni che partono da quello che sente il Paese. E’ un’esigenza di governo e di cambiamento. Due parole inscindibili”.

Quindi il segretario del Pd ripete di non mettere “davanti la sua persona” (aveva già ipotizzato una candidatura Grasso respinta dal M5S) e chiede ai partiti di essere responsabili. Salvo poi farsi sfuggire che non solo “non c’è un piano B” ma non c’è “neppure un piano A”. C’è soltanto la voglia di “dare una mano” e la necessità di formare un governo di cambiamento.

La sola condizione, insomma, è che in quel governo il Pd ci sia e al Pd vada bene. Perché, ha ricordato Bersani, “siamo noi il primo partito, checché qualcuno dica e siamo la prima coalizione”.  La prima di una serie di piccole stilettate al Movimento 5 Stelle. L’altra arriva alla fine del discorso, quando il leader del Pd si dice disponibile a rispondere alle domande dei giornalisti: ”Ho visto che nessuno qui accetta domande. è una cosa singolare. Io ne accetto due o tre volentieri”.

Prima dell’arrivo di Bersani, ad inizio giornata di consultazioni,  era stata la volta di Beppe Grillo. Dal Movimento 5 Stelle e da Beppe Grillo è arrivato a Napolitano un “no” su tutta la linea. No a un governo Bersani, no a un governo Grasso e no a qualsiasi “foglia di fico” utilizzata per “coprire” altri giochi. Una serie di “no” che sicuramente con le preoccupazioni di Napolitano c’entrano. La proposta unica del M5S rimane quella del monocolore a 5 Stelle.

Tra Grillo e Bersani al Colle è salito anche Berlusconi che a Napolitano ha portato la sua offerta di un governo di larghe intese. Proposta “trappola” che il Pd non ha intenzione di prendere in considerazione.