La giustizia made in Pdl: un “filotto” in quattro mosse

Pubblicato il 8 Gennaio 2010 - 17:33 OLTRE 6 MESI FA

La riforma della giustizia del Pdl in quattro mosse: le prime tre servono solo al presidente del Consiglio, la quarta, forse, all’irrisolto rapporto tra politica e giustizia.

La prima mossa sarà quella sul “legittimo impedimento”. E’ la “riforma” con la quale, per i prossimi 18 mesi, verranno stabilite per legge tutte le circostanze nelle quali chi sia “investito da alta funzione pubblica e di governo”, leggi Silvio Berlusconi, potrà “legittimamente” saltare, da imputato o da testimone, le udienze dei processi, rendendo di fatto nullo il processo stesso.

Consigli dei ministri, votazioni importanti, inconri internazionali… Insomma una legge che dia la possibilità al premier di non presentarsi ai processi in cui è coinvolto.

Questa “riforma” è molto probabile verrà votata unicamente dal Pdl e dalla Lega. Pd e Idv non voteranno quella che considerano una legge ad personam. L’Udc, da parte sua, ha fatto sapere che potrebbe essere disposto a votare il provvedimento per una scelta di “salute pubblica”, ma solo se il Pdl, in cambio, elimina dal “tavolo  delle riforme” quella del cosiddetto processo breve.

Circostanza molto improbabile, visto che proprio la seconda mossa del partito di Berlusconi è quella di presentare la riforma del cosiddetto “processo certo”. E’ il vecchio processo breve, adattato e rivisto. Per non incappare in evidente e massiccia incostituzionalità stavolta si estende a tutti i tipi di reato le norme già proposte con il “processo breve”, ivi compresi quelli mafiosi. Ovviamente con condizioni temporali diverse in base alla gravità dei reati: tempi certi e obbligatori per i processi ma tempi più lunghi quanto più grave e il reato. Nel caso dei reati imputati al premier, il “tempo certo” è certamente inferiore a quello necessario per arrivare a sentenza.

Cosa farà allora Casini? Sarà disposto a votare la proposta di legge sul legittimo impedimento anche se il Pdl ripresenterà il “processo breve”, seppur con nome e regole ritoccate?

Certamente soli resteranno Pdl e LEgaDubbi sulla  terza mossa: il “Lodo ter”. Ovvero sempre la stessa proposta di legge che punta a istituire per legge l’immunità per le quattro più alte cariche dello Stato. Dopo il lodo Schifani e il lodo Alfano, il partito di maggioranza  ripresenterà un’altra legge con lo stesso intento, sperando che possa, questa volta, non incappare in un giudizio contrario della Corte Costituzionale.

Quarta ed ultima mossa del Pdl, infine, quella volta a ripristinare l’immunità parlamentare, ovvero l’autorizzazione delle Camere a processare gli eletti in  Parlamento. Se le tre precedenti proposte di legge potrebbero passare con i soli voti di Pdl e Lega, questa ultima carta potrebbe essere quella vincente e ottenere un consenso quasi bipartisan.

Proprio il quarto punto della riforma della giustizia targata Pdl, infatti, è quello più importante e che, molto probabilmente, sarà discusso per ultimo. Poggia sulla proposta bipartisan di Franca Chiaromonte del Pd (figlia di quel Gerardo che fu numero due del Pci al tempo di Berlinguer) e Luigi Compagna del Pdl (figlio dell’ex repubblicano Francesco Compagna, sottosegretario del governo Spadolini).

Questo disegno di legge costituzionale punta a reintrodurre l’immunità parlamentare ma non come era prima del 1993 (anno in cui venne abolita). Se prima della riforma del 1993 il giudice doveva avere l’autorizzazione della Camera competente anche per indagare su qualsiasi parlamentare, la nuova proposta di legge bipartisan punta a reintrodurre l’autorizzazione a procedere solo nel momento dell’eventuale rinvio a giudizio. Ovvero, il Pm può indagare su un Parlamentare ma, nel momento in cui voglia eventualmente rinviarlo a giudizio deve chiedere l’autorizzazione alla Camera competente che può negarla solo per la legislatura in corso.

Secondo queste modifiche le Camere dovrebbero quindi fare in qualche modo da filtro alle indagini svolte dal magistrato e la “casta” si troverebbe in grossa difficoltà a negare l’autorizzazione a procedere in caso di indagini particolarmente corpose e di prove grosso modo “schiaccianti”.

Proprio per questo la quarta mossa del Pdl potrebbe essere la “mossa del cavallo”, ovvero quella che potrebbe trovare l’appoggio anche delle forze politiche di opposizione (o almeno di parte di essere). Perché se è vero che la reintroduzione dell’immunità parlamentare risolverebbe i problemi di Berlusconi, è anche vero che questa proposta di immunità non è fuori dal mondo e ha alcuni punti che potrebbero convincere anche le forze politiche solitamente avverse.

Le trattative sono state lunghe e sono ancora aperte. Sta di fatto che il Pdl vuole sicuramente approvare, e farlo in via prioritaria, le prime tre mosse, che sono quelle palesemente a favore di Silvio Berlusconi. E proprio le prime tre proposte di legge verranno presentate nei prossimi giorni. Per la quarta mossa, quella sull’immunità, si vedrà. Il Pdl guarda al disegno di legge bipartisan come una chance per portare a casa almeno una riforma condivisa. L’unica, delle quattro, che oltre ai problemi del Cavaliere potrebbe risolvere, almeno in parte, i problemi del rapporto tra politica e giustizia. Ma se Berlusconi vuole fare “filotto” e ottenere tutto e subito, le prime tre mosse rendono improbabile la quarta: Bersani e Casini, non solo Di Pietro, difficilmente potrebbero concordare nulla con chi si è già fatto tre leggi tre ad una sola “personam”.