“Leggina” per votare dopo Pasqua con la “resurrezione” delle liste

Pubblicato il 4 Marzo 2010 - 16:21 OLTRE 6 MESI FA

L’idea è quella di “pregare” le elezioni di farsi “un po’ più in là”. La “lista” più a rischio di tutte è, nel pomeriggio-sera del 4 marzo, quella del calendario: non più tutti al voto il 28 e il 29 del mese ma dopo Pasqua, a metà aprile. Ci si dovrebbe arrivare con una “leggina”, strumento più dolce del quasi impraticabile e contundente “decreto”. Per decreto il governo può stabilire, sostanzialmente ordinare, di accogliere le liste irregolari o presentate fuori tempo massimo. Ma un decreto del genere il governo se lo fa da solo, facendo la figura di chi “sana” gli errori fatti in casa propria. Insomma il decreto ha l’esclusivo sapore di qualcosa che si somministra a tutti solo per il vantaggio e l’interesse di parte. Il decreto serve a votare il 28 e 29 marzo ma con regole imposte e stiracchiate a misura del solo centro destra.

Con la “leggina” si può tentare di fare altro. Si allungano i tempi delle elezioni regionali, si dà tempo di ripresentare e correggere le liste “burocraticamente” irregolari. E sulla “leggina” si tratta con le opposizioni facendo sedere al tavolo della trattativa anche una qualche forma di interesse generale. Ad esempio si dà al centro sinistra il voto subito per il sindaco di Bologna e si rimuove la condanna per la città di un anno e mezzo senza governo. Insomma a Bologna il centro destra e il governo rinunciano a “punire” il centro sinistra lucrando sull’onda lunghissima del caso Delbono. E si rinuncia anche all’oscuramento Rai, alla punizione, in nome della par condicio estremizzata e strumentalizzata, delle trasmissioni di informazione politica. Infine si dà atto all’opposizione di ragionevolezza “democratica”. Per sedersi al tavolo della trattativa Bersani, segretario Pd, chiede infatti come pregiudiziale che il Pdl riconosca i suoi errori nella presentazione delle liste.

A parlare di “errori nostri” Berlusconi ci è arrivato. Aggiungendo subito dopo che però “c’è una chiara intenzione di colpirmi, di colpire il Pdl e il governo”. Oscilla Berlusconi tra la voglia rischiosa del “decreto” e la fatica più onerosa ma saggia della “leggina”. Prova vivente e plastica di questa oscillazione è la manifestazione di piazza convocata a Roma. Luogo: Piazza Farnese. Piazza piccola, di chi non si attende folle. Piazza con Berlusconi presente? Più no che sì. Piazza che si presta all’ironia di Bersani: “La prima manifestazione di un partito contro se stesso”. Oscilla Berlusconi tra lo sdoganare la “rabbia della nostra gente” e trovare una soluzione che non sia “facciamo come ci pare”. Umberto Bossi fa capire dove deve fermarsi il pendolo dell’oscillazione: “Lasciamo perdere il decreto”. Calderoli battezza la formula “soluzione politica” e la delimita: “Che sia un decreto lo dite voi giornalisti”. La Russa, dopo il “faremo di tutto”, si è fatto più prudente: “Faremo tutto il legittimo”. Nelle intenzioni del Pdl la “leggina” dovrebbe essere presentata in Parlamento con la firma dei capigruppo di maggioranza e di opposizione. Proprio tutti? Di Pietro ha detto che il decreto elettorale sarebbe “un golpe” ma sull’ipotesi della leggina non si è pronunciato. Leggina che arriverebbe in Parlamento anche con l’assenso, più o meno esplicito, di Napolitano. Con il capo dello Stato Berlusconi sta cercando un contatto e un via libera. Capo dello Stato che ha fatto sapere di essere “preoccupato” e che quindi qualcosa va fatto.

Tirando le somme: se il Pdl non cede alla tentazione pericolosa del “decreto”, se Pdl e governo concedono qualcosa di immagine e di sostanza alle opposizioni, se Pd e Idv riterranno opportuno trattare in nome dell’interesse generale, allora si vota ad aprile. Dopo una Pasqua di resurrezione delle liste e una prolungata quaresima della campagna elettorale più sciatta del mondo.