Popolo viola, il principe azzurro che non sveglia l’Italia

di Lucio Fero
Pubblicato il 7 Dicembre 2009 - 15:44| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA


Il “popolo viola”, colore scelto perché non è di nessun partito, di nessuna storia e tradizione. Colore “libero”, casella non occupata. Colore simbolo di nessuna identità pregressa. Ma simbolo anche di una identità nuova e concreta? E, se del caso, quale identità? Viola, colore anche di moda, anzi il colore di moda del 2009, come sa chiunque sia entrato nell’anno in una boutique o in un abbigliamento low cost purché attento e sensibile alle “tendenze”. Ma questa può essere, anzi è una malignità, sia pure oggettiva. Da dovunque venga, cosa c’è “dentro” quel colore festosamente esibito in piazza?

In primo luogo la gioia di esibirlo come diverso e alieno. Diverso dai partiti politici, alieno rispetto alla politica nota. Singolare festosità e gioia. Se davvero la democrazia è agli sgoccioli, se il premier è a un passo dal farsi autocrate, se tutto l’impianto della Costituzione liberale è sotto demolizione, cosa sono quei balli e saltelli in piazza e in corteo? Non stride forse l’asserita serietà e drammaticità della situazione con l’ilare e ridanciana rappresentazione che l’opposizione, che si vuole l’unica e la sola veramente “civile” dà di se stessa? La contraddizione è enorme e palese e si compone solo in un modo, con una sola spiegazione: il sorriso del “popolo viola” è l’auto gratificazione dell’incontrarsi e riconoscersi. E’ un sorriso che il popolo viola rivolge a se stesso, gli basta esistere per mettersi di buon umore. Politicamente un sentimento autistico.

Ma la politica al popolo viola non piace, ne è disilluso e disgustato. Infatti si fa un vanto di non aver politici sul palco e mostra orgoglio supremo nell’essersi autoconvocato. Ne consegue auto narrazione mistico-epica del ruolo dei blog, della rete, della web-mobilitazione. Narrazione che omette il patrocinio organizzativo e finanziario venuto dal partito di Di Pietro e dai partitini della sinistra extra parlamentare.

Sostegno legittimo e in fondo non decisivo, ma perché rimuoverlo? Segue altra singolare ma istruttiva contraddizione: il popolo viola ce l’ha con il Pd di Bersani che alla sua manifestazione non si è iscritto. Ma, se la politica e i partiti non li si vuole, perché bollare di tradimento o quasi chi, come partito, non è andato?

Il popolo viola, subito adottato o scomunicato dal Tg3 e dal Tg1. Il primo ha annunciato la sera della manifestazione: un milione e mezzo in piazza. Iperbole, smargiassata, spacciata per notizia. Il secondo gli ha contrapposto i 59 milioni di italiani rimasti a casa. Argomento capzioso da inacidite zitelle dell’informazione.

Ma in fondo si tratta di riflessi pavloviani, piccoli tic delle opposte propagande. Non quanto ma quale sia il popolo viola è la questione. C’è chi assicura sia la vera e nuova società civile. Unita e mossa solo dal comprensibile imbarazzo e sdegno per un premier come Berlusconi. Chi lo racconta così il popolo viola pensando di farne elogiativo e complimentoso ritratto ne coglie invece un limite più che una potenzialità.

La questione che il popolo viola insieme pone ed ignora è il come e il perchè imbarazzo e sdegno sia solo suoi e non corrano sotto la pelle del paese facendogli venire la pelle d’oca. Se solo si ponesse questa domanda, se solo abbozzasse una risposta, qualunque tipo di risposta, il popolo l’altro giorno in piazza vedrebbe “stingersi” il suo viola.

Ogni ipotesi di risposta tornerebbe per forza di cose a tingere la sua bandiera dei colori della politica, una politica qualunque, a piacere, ma pur sempre politica. Per il popolo viola sarebbe assoluta blasfemia ed è qui appunto il peccato originale del popolo viola.

Pensano, vogliono credere che Berlusconi sia un’escrescenza, un usurpatore, un ingannatore. Non vedono, non ce la fanno neanche a concepire Berlusconi come congenito e omogeneo alla società italiana. Pensano di estirparlo come fosse un “fuori” dall’Italia e non ammettono sia “dentro” l’Italia.

E piace loro pensare si possa estirpare con un rito di massa in cui la massa degli individui che compongono il popolo viola non debba sottoporsi alla fatica di proporre al paese qualcosa d’altro da Berlusconi. Accade così non a caso, dovessero definire questo qualcosa d’altro, il “viola” subito tornerebbe a scomporsi in mille colori, non escluso il bianco del tirarsi indietro e il grigio della mancata assunzione di responsabilità.

Berlusconi premier e soprattutto il modo con cui fa il premier e quello con cui la maggioranza dei cittadini lo segue sono segni ampi del declino culturale e civile dell’Italia. Il popolo viola è la più fresca, genuina, massiccia manifestazione dell’impotenza a comprendere e fermare quel declino.