Prodi, quarta votazione, palla a Grillo: li molla o non li molla i 9 voti?

Pubblicato il 19 Aprile 2013 - 11:57| Aggiornato il 30 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Prodi, quarta votazione, palla a Grillo: li molla o non li molla i 9 voti? C’è di mezzo ancora una terza votazione interlocutoria (serve maggioranza di due terzi), per non dire inutile: ma il cambio passo impresso da Bersani a Pd e coalizione con Prodi unico candidato votato all’unanimità, rende la quarta votazione di oggi pomeriggio già decisiva. Di nuovo compatti, Pd e Sel alla quarta votazione si presenteranno con una dote di 495 schede (Pd, Sel, Tabacci, grandi elettori di centrosinistra) per Prodi, a sole nove lunghezze dal traguardo, cioè quella maggioranza assoluta utile all’elezione del nuovo presidente, ovvero 504 voti. La palla passa quindi a Beppe Grillo: mollerà infine quei nove voti che mancano, lascerà che i disponibili escano allo scoperto, oppure riuscirà a evitare che una schiera di franchi tiratori (serve una plotoncino che non arriva a 10 fucilieri) spacchi il MoVimento in aula?

Un lapsus del deputato 5 Stelle Alessandro Di Battista è rivelatore: “Votiamo compatti Prodi” annuncia ai cronisti che l’assalgono prima di correggersi imbarazzato,”Volevo dire Rodotà“. Che in effetti è la linea ufficiale 5 Stelle, anche alla quarta votazione, confermata dalla capogruppo Roberta Lombardi: “Fino alla quarta votazione votiamo il nostro candidato che è Rodotà. Dopo, se non ce la fa, pensiamo anche a Prodi”. Una dichiarazione che (come d’altronde rivela il lapsus) non sembra così vincolante: Rodotà è un candidato bandiera, ha avuto il merito di spaccare letteralmente il Partito Democratico, ma non rappresenta certo un valore non negoziabile.

E’ servito ritrovare in extremis unanimità nel Pd (un minuto prima della deflagrazione finale) per uscire dall’angolo e ribaltare il risultato. Adesso il nome Prodi ha la stessa funzione di Rodotà, ma a parti invertite: è una granata lanciata tra i piedi di Grillo che non potrà non ascoltare le pressioni della piazza, telematica e non, che chiede a gran voce di far convergere i voti su un candidato “presentabile” ma di sinistra. Dire no al Pd verrebbe percepito, fuori dal Parlamento assediato, come volontà di impedire il cambiamento.

E Monti? Non potrebbe essere Scelta Civica ad assicurare quei nove voti? Il ridimensionato partito di Monti punta a un nuovo accordo in extremis Pd-Pdl-centristi per consentire in prospettiva un governo di scopo e nell’immediato l’elezione di Anna Maria Cancellieri. Non è più centrale Monti, tantomeno in Parlamento, ma catalizza le preoccupazioni per il futuro governo: un candidato come Prodi è troppo divisivo, davanti ci sono solo le elezioni anticipate. Lo ha ripetuto prima della terza votazione anche Pietro Ichino (“Un arbitro deve essere eletto in comune”. Qualche franco tiratore montiano, però, non è impossibile che si faccia vivo alla quarta votazione.

Rodotà prima, Prodi adesso, c’è un tratto comune: la pressione della piazza, l’opinione pubblica che si materializza da ogni social network sta rendendo più difficile la vita ai parlamentari. C’è chi sostiene che allora tanto vale votarlo con l’elezione diretta il Capo dello Stato, visto che una forma abusiva di presidenzialismo si è già affermata. Il dietro-front di Bersani, praticamente sfiduciato in Parlamento dal partito e dall’opinione pubblica in diretta, è il segnale che un approccio collaborativo a livello istituzionale, con Berlusconi presente, è impossibile. Stefano Folli sul Sole 24 Ore spiega bene l’alternativa drammatica (per le sorti del partito) che si para davanti al Pd:

“Oggi (ieri, ndr) il Partito Democratico si è dilaniato su due scenari molto differenti fra loro. Il primo considera possibile e anzi opportuno cercare forme di collaborazione con il centrodestra per governare la legislatura e fare le riforme, cominciando dalla scelta comune del presidente della Repubblica. Il secondo tende invece a rompere quella fragile cornice che abbiamo chiamato Seconda Repubblica (senza sapere con precisione cosa sia stata) per aprirsi ai fenomeni emersi nella società e fotografati dalle elezioni”.

Bersani e il gruppo dirigente hanno scelto di aprirsi a una prospettiva avventurosa, guidano verso una destinazione ignota ma gradita ai suoi elettori: il “cambiamento”, la svolta per non morire. La svolta per costringere l’interlocutore del momento, 5 Stelle, a mollare almeno nove voti del suo gruzzolo. Ultimo ostacolo a una quarta votazione risolutiva è Prodi stesso: ce la farà a tornare in tempo dal Mali?