Riforme, Napolitano: non siano dettate da contingenza

Pubblicato il 15 Gennaio 2010 - 12:06 OLTRE 6 MESI FA

Non fare riforme sulla base di «impostazioni contingenti» e non farle «a colpi di maggioranza». Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano è a Bari, nel teatro Petruzzelli, dove venerdì mattina partecipa alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico e alla intestazione dell’ateneo barese ad Aldo Moro. E da lì manda la sua raccomandazione al governo e alla maggioranza.

A poche ore di distanza gli risponde il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: «il Pdl vuole il confronto e si augura la condivisione delle scelte tra le parti per le riforme della Costituzione. Ma sul presidenzialismo, sul federalismo, sulla riduzione del numero dei parlamentari e la riforma della giustizia abbiamo ricevuto un mandato dagli elettori». Quindi condivisione sì «ma le riforme andranno fatte in ogni caso».

Eppure il Capo dello Stato era stato preciso. «Faccio appello – aveva detto – alla consapevolezza, che non dovrebbe ormai mancare tra le forze politiche e sociali, della assoluta necessità di lavorare e di riformare, anche per l’Università, in un’ottica di lungo periodo e non sulla base di impostazioni contingenti, asfittiche, di corto respiro, cui corrispondano conflittualità deleterie».

Il Capo dello Stato aveva quindi ricordato la figura del leader Dc Aldo Moro per auspicare riforme condivise, lungimiranti, che non portino a nuove conflittualità. Lo fa rievocando «la splendida stagione per il nostro paese» che fu l’assemblea Costituente. Tempi in cui «una generazione giovane, ricca di interessi culturali e di idealità, faceva irruzione nella politica, prendeva posto nel Parlamento che rinasceva per stendere la Carta dei principi e delle regole della Repubblica italiana».

Napolitano aveva poi mandato un pensiero al «quartetto dei professorini democristiani di forte impronta cattolica e di moderna cultura giuridica» che 50 e più anni fa scrivevano una pagina nella storia nazionale. Erano anni in cui Moro, insieme a Fanfani, La Pira, e Dossetti pensavano le regole che sarebbero valse per molto tempo. Tra loro Moro scriveva e sanciva una «idea di fondo».

Questa: «i principi dominanti della nostra civiltà e gli indirizzi supremi della nostra futura legislazione vanno sanciti in norme costituzionali per sottrarle all’effimero gioco di semplici maggioranze parlamentari».