Senato, immunità e scaricabarile: chi la vuole? Finocchiaro: “Il Governo sapeva”

di Warsamé Dini Casali
Pubblicato il 23 Giugno 2014 - 09:50 OLTRE 6 MESI FA
Senato, immunità: chi la vuole? Le posizioni e lo scaricabarile generale

Senato, immunità: chi la vuole? Le posizioni e lo scaricabarile generale (nella foto Boschi e Calderoli)

ROMA – Senato, immunità: chi la vuole? Le posizioni e lo scaricabarile generale. A parte pochi “provocatori” che almeno non si nascondono tipo Daniela Santanché, non ce ne è uno, al Governo o tra i rappresentanti della maggioranza, che si dica favorevole alla concessione anche per i  membri del nuovo Senato dell’immunità parlamentare. Non il ministro delle Riforme e delegato alla trattativa Maria Elena Boschi non i relatori dell’emendamento della discordia Finocchiaro e Calderoli  (nel ddl del Governo in effetti non c’era) che estende ai senatori la guarentigia dell’immunità riservata ai soli deputati, non Paolo Romani di Forza Italia, non quelli di Ncd.

I tecnici del Senato: “Immunità da approfondire”. Che poi il tema, la “non marginale differenziazione”  tra deputati e senatori per quanto riguarda le prerogative, sia tutt’altro che solo una questione di opportunità politica lo hanno scritto e ribadito i tecnici del Senato che già ad aprile (un dossier dedicato alla riforma parlamentare) mettevano in guardia sull’assetto costituzionale che ne sarebbe derivato.

E cioè, scrivono i tecnici di Palazzo Madama, “sul punto si risolve in una sostanziale equiparazione del trattamento normativo previsto per i senatori a quello previsto per i consiglieri regionali” che oggi non hanno immunità. Questo è uno dei nodi, non l’unico: che succede infatti ai senatori a vita, per dire allo stesso Napolitano quando sarà sostituito al Colle? Senza immunità per i senatori riceverebbe una “reductio delle prerogative sulla libertà personale e sulle comunicazioni”, dicono i tecnici.

“Un favore ai politici locali corrotti”. I 100 membri del nuovo Senato, infatti, non più eletti da popolo direttamente, uscirebbero da una consultazione delle assemblee regionali (75 consiglieri e 20 sindaci). Come denunciano Movimento 5 Stelle, Sel e dissidenti del Pd, sta qui il motivo dell’inciucio dell’ultima ora tra Governo e alleati.  “Se l’emendamento passasse, non mi sorprenderei nel vedere l’Aula piena di sindaci indagati che approfittano dello scudo parlamentare per restare impuniti”, dice il capogruppo 5 Stelle al Senato Bucarella. Massimo Mucchetti del Pd, cui la riforma non piace, esplicita i suoi sospetti: “Combinazione, questa brillante idea viene dopo l’ennesimo incontro con il senatore Verdini”, intendendo patti sotto banco del governo con l’emissario di Berlusconi.

Il relatore Anna Finocchiaro: “Il Governo sapeva tutto”. Maria Elena Boschi nega inciuci: nel nostro decreto, spiega, di impunità non c’era traccia, la sua introduzione è stata decisa dai gruppi durate i lavori. Anna Finocchiaro, senatrice e relatrice dell’emendamento, si dice disgustata per le polemiche e per la corsa allo scaricabarile dalle parti del Governo:

L’esecutivo ha vistato due volte i nostri emendamenti, compreso quello sull’immunità. Conosceva il testo, sapeva tutto. Ha fatto una scelta. Io avevo proposto che a decidere sulle autorizzazioni all’arresto e alle intercettazioni dovesse essere una sezione della Consulta e non il Parlamento. Valeva sia per il Senato sia per la Camera. È una proposta di legge che ho presentato in questa legislatura e anche nella precedente. Stavolta l’avevo scritta in un emendamento, che è sparito dal testo perché il governo ritiene che non si debba appesantire il lavoro della Corte costituzionale.

Anna Finocchiaro, che ovviamente non ci sta a passare per quella che ha voluto a tutti i costi lo scudo parlamentare per i politici locali corrotti, proporrà un altro emendamento che da un lato recepisca la tutela dell’autonomia del senatore  quando vota e e prende provvedimenti nella qualità di senatore utilizzando l’immunità sancita costituzionalmente dall’articolo 68, dall’altro impedisca al senatore di accedervi per ciò che riguarda la sua attività, anche pregressa, di consigliere o sindaco.

Cosa dice la Corte Costituzionale. La Corte costituzionale, ricorda il Dossier dei tecnici del Senato, in alcune sentenze aveva sottolineato “la differenza fra le attribuzioni delle assemblee regionali e quelle delle Camere del Parlamento: mentre le prime si svolgono ‘a livello di autonomia’, le secondo riflettono la specifica posizione delle Camere quali ‘organi immediatamente partecipi del potere sovrano dello Stato, e perciò situati al vertice dell’ordinamento, in posizione di assoluta indipendenza e di reciproca parità”.

Certo, osserva l’ufficio studi di Palazzo Madama, il ddl del governo “differenzia in modo rilevante la posizione del nuovo Senato delle autonomie da quella della Camera dei deputati, in un quadro che potrebbe ritenersi non più caratterizzato da reciproca parità: in questo quadro potrebbe rinvenirsi il fondamento di un sistema differenziato di immunità”.

Tuttavia il Senato sembra rimanere “organo immediatamente partecipe ‘del potere sovrano dello Stato'” a cause delle funzioni che svolge, come “la partecipazione pur limitata al procedimento legislativo ordinario” e la partecipazione paritaria alla funzione legislativa costituzionale. Insomma, conclude il Dossier, se si ritiene che “il Senato conservi la natura di organo immediatamente partecipe “del potere sovrano dello Stato”, l’equiparazione dei suoi componenti, in tema di prerogative, ai componenti dei consigli regionali potrebbe ritenersi da approfondire, anche alla luce del principio di ragionevolezza”.