“Tracciabilità dei pagamenti”: seguite il bip-bip. Se suona è manovra “vera”, altrimenti…

di Mino Fuccillo
Pubblicato il 24 Maggio 2010 - 17:49| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Tremonti, Bossi e Berlusconi

“Tracciabilità dei pagamenti”: è un sensore, indica la quota di “verità” che la manovra economica somministra ai cittadini italiani. Seguitene il “bip-bip”: se sparisce sarà una manovra che insegna “tanto tutto si aggiusta” più o meno gratis e fa partire la consueta gara e competizione a “chi se la cava” e a chi resta “fregato”. Se invece il “bip-bip” resta, più o meno forte e sonoro, allora sarà una manovra che rovescia e abbandona la pedagogia di massa cui tutta la politica italiana si affida da almeno venti anni, quella per cui la politica deve temere la verità come la peste e al cittadino tutto si può dire, proprio tutto, tranne appunto la verità.

C’è una frase che il segretario del Pd, Bersani, ha ripetuto almeno tre volte negli ultimi giorni: “Per due volte i governi di centro destra avevano caricato l’Italia sul traghetto che ci portava in Grecia, alla situazione greca. Per due volte abbiamo riportato indietro il traghetto e facendolo per due volte ci abbiamo perso le elezioni”. Non è del tutto vera la prima parte della frase e cioè che il centro destra abbia da solo allevato una situazione di potenziale bancarotta finanziaria. Ma è assolutamente vera la seconda parte: chi fa “invertire la rotta al traghetto” viene ricompensato dall’elettorato con la sconfitta alle elezioni.

Berlusconi lo sa e quindi quando sente parlare di “tracciabilità dei pagamenti”, cioè dell’obbligo di legge di pagare e incassare in assegni, bonifici e carte di credito, subito fa il conto di quanti voti si perdono. Pagare e incassare in assegni, bonifici e carte di credito vuol dire lasciare traccia visibile al fisco. Vuol dire far male all’evasione fiscale, cioè al primo istintivo e massiccio rifugio e ripiego contro la crisi economica adottati dalla società italiana. E’ fresco di calcolo e di stampa il conteggio: nel 2009, anno di crisi, l’evasione fiscale in Italia è cresciuta almeno di un dieci per cento rispetto al 2007, anno pre crisi: da 100 miliardi di imposta evasa a più di 110 (l’imponibile non dichiarato è più del doppio).

“Tracciare” i pagamenti non prosciuga ma asciuga l’evasione. Lo sapeva il centro sinistra quando governava e infatti votò leggi che impedivano l’uso del contante oltre una certa cifra. Con demagogia irritante il centro sinistra disse: niente contanti oltre i cento euro. Era follia impraticabile. Ma quando il centro destra tornò a governare non fece questione di misura, proclamò il “contante libero”. Anche se sapeva che contante libero è complice e culla del pagamento in nero.

Anzi, ancora prima di tornare a governare, il centro destra e Berlusconi in persona fecero della “tracciabilità dei pagamenti” una bestemmia blasfema. Berlusconi disse che era: “Stato di polizia fiscale e dittatura fiscale”. Ora che Tremonti gli ha detto che la “tracciabilità” serve, eccome se serve, Berlusconi scarta e sbuffa. Quindi, attenti al “bip-bip”: se suona sopra i diecimila euro, allora è finzione. A settemila euro è un “vorrei ma non posso”. A cinquemila è primo ostacolo all’evasione, a tremila è roba seria. Quale conto prevarrà: quello dei voti e del consenso o quello dei bilanci e della verità? Tutti e due contemporaneamente non possono “tornare”.

La “tracciabilità dei pagamenti” è il primo e più significativo “sensore”. Ce ne sono altri. Uno ad esempio porta relativamente pochi soldi ma molta “verità”: si chiama taglio degli stipendi pubblici sopra i 90mila euro. Taglio del cinque per cento sopra questa cifra, dei dieci sopra i 120mila. Scontenta alti magistrati, professori universitari, diplomatici, generali, prefetti, capi di gabinetto. Comunica la “verità” che non c’è categoria protetta ed esente. Risuonerà alla fine questo “bip-bip”?

Porta soldi e “verità” il blocco degli stipendi pubblici. A tre milioni di dipendenti statali e ai sindacati e alla sinistra non piace sentir dire la verità per cui il costo del lavoro pubblico è aumentato dal 1999 al 2008 di quasi il 25 per cento e che le retribuzioni sono aumentate del doppio di quanto non sia accaduto agli stipendi dei lavoratori privati. Bloccare questa spesa è la garanzia da offrire ai mercati mondiali che l’Italia onorerà i suoi debiti, i debiti che contrae vendendo un miliardo al giorno in titoli di Stato. Non piace alla sinistra sentirselo dire, non piace alla destra doverlo dire. La mistica berlusconiana proclama: mai le mani nelle tasche degli italiani. Ma bloccare i contratti dei pubblici dipendenti vuol dire che le “mani” in quelle tasche le metteranno l’inflazione e le tariffe. Una “verità” inconfessabile.

Altrettanto “vero” è che le mani nelle tasche dovranno metterle le Regioni, sotto forma di addizionali Irpef e Irap, se continuano a spendere a debito per la Sanità. Un esempio clamoroso: entro pochi giorni dovrebbe essere definito il “costo standard” delle prestazioni sanitarie, cioè quanto deve costare alle Regioni assicurare ilo servizio e quindi quanto soldi devono prendere dalla fiscalità generale. Il “costo standard” è più o meno la media di quanto spendono le Regioni non in deficit, il Lazio fresco di governo Pdl spende il triplo di questa media. Entro pochi giorni o garantisce che spende di meno, quindi dice la “verità” sugli ospedali da chiudere, oppure aumenta le tasse. Ancora un “bip-bip” e che “bip-bip”.

E tanti altri ancora: le banche che dovrebbero fare da “sostituto di imposta” quando pagano i bonifici con cui si accede allo sgravio fiscale del 36 per cento sulle ristrutturazioni edilizie. Sono tanti quelli che si “dimenticano” di pagare al fisco dopo aver incassato il bonifico. Scatterà per loro il “bip-bip”? E chiuderanno, saranno chiuse almeno una parte delle cinquemila società partorite dagli Enti locali per piazzare la seconda e terza fila della Casta politica? E la “Prima Casta” accetterà non il cinque per cento in meno sulla indennità per parlamentari e ministri, poca cosa, ma il dimezzamento dei “rimborsi elettorali” che dovrebbe passare da un euro a cinquanta centesimi per voto ricevuto? Ballano centinaia di milioni di euro in più o in meno per i partiti.

La manovra è quindi una questione di soldi, tra i 24 e i 30 miliardi. Ma anche se non soprattutto una questione di “verità” da raccontare finalmente o nascondere ancora agli italiani. Italiani che finora hanno sempre votato e premiato con il voto chi li rassicurava che nulla era compromesso, nella cambiava: il diritto ad evadere, il diritto al posto pubblico, il diritto allo spreco sanitario, il diritto alla compartecipazione, piccola o grande, nella distribuzione del denaro pubblico. Chi dice la verità e chi la mette in pratica politicamente rischia, si fa dei nemici, paga pegno. Ma mette al riparo portafogli pubblici e privati dal disastro sempre meno improbabile. Seguite il suono dei vari “bip-bip” che resteranno o meno accesi nella manovra finale: tanto più faranno male alle vostre orecchie, tanto più saprete di avere un governo vero. Se nulla risuonerà vi sentirete sollevati e sereni come chi, scansando la puntura di un insetto molesto, finisce nelle slancio sorridente sotto le ruote di un camion.