Zingaretti alla Regione, chi per fare il sindaco di Roma? Le strane mosse del Pd

Pubblicato il 8 Ottobre 2012 - 12:49 OLTRE 6 MESI FA
L’attuale presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, candidato Pd a presidente della Regione

ROMA – Candidato a sindaco di Roma da un paio di anni, Nicola Zingaretti scarta improvvisamente e invece del centrale Campidoglio punta subito il periferico palazzo della Regione. E il sindaco, chi lo fa? Che succede nel Pd romano, da vera macchina da guerra elettorale, nemmeno troppo allegra, si è ridotto ad apparato gestito come un “centro sociale” come ironizza l’ex capogruppo regionale Esterino Montino? Dopo il terremoto Fiorito e scandali e azzeramenti conseguenti, si sono intrecciati i destini di Comune e Regione, una gara doppia che il Pd ha deciso di correre con un’unica strategia di attacco, con l’incubo primarie per il Comune sullo sfondo, con la capitalizzazione immediata dell’harakiri Pdl in Regione.

Mentre il Pdl è paralizzato dal silenzio di Berlusconi, Polverini traccheggia, prende tempo per non concedere nuove elezioni regionali entro l’anno, il Pd “spariglia il campo e lancia Zingaretti subito per contrastare “l’emergenza democratica”. Nuove regole, nuove facce, appoggio incondizionato al Monti moralizzatore che taglia teste e fondi alle Regioni. Chi prima si rifà una verginità vince e nella cucina romana del Pd si è stabilito che antipasto e primo pesante vanno giocati subito alla Regione. 4 giorni fa si conosceva anche la ricetta del secondo, da offrire al Comune: il cattolico e tecnico del governo Monti  Andrea Riccardi, a bilanciare con un protagonista moderato l’esposizione a sinistra dell’alleanza per la Regione Pd-Di Pietro-Vendola, quella foto di Vasto ritirata praticamente da tutti gli album elettorali in programma.

Poi Riccardi si è sfilato: la chiamata l’aveva lusingato ma è impegnato a fare il tecnico e non può concedere disponibilità prima a di aver terminato il lavoro. La verità è che da sinistra, dalle parti di Sel e Idv, è partita l’operazione vade retro Monti-bis. La verità è che l’Udc guarda con distacco alle manovre intestine del Pd e aspetta appostato sulla riva di vedere il classico cadavere sul letto del fiume. La verità è che delle primarie per le Comunali già fissate a gennaio, i centristi, i moderati del Pd hanno una paura del diavolo. Volete un candidato cattolico, è il ragionamento di chi conta sulle primarie per affossarlo, che si presenti dinanzi agli elettori del Pd.

Fioroni, che ha capito l’antifona, ne fa un problema di valori, di programmi: vogliamo governare con il solo Vendola o vogliamo allargarci al contributo dell’Udc? Intanto, bruciato Riccardi, il toto candidati alle primarie per il sindaco si aggiorna. La più pimpante, la Renzi capitolina, è l’assessora al Turismo Patrizia Prestipino. Una rottamatrice suo malgrado, perché nonostante la freschezza e la novità del suo profilo di candidata non vuole essere identificata con Renzi, piuttosto con quell’area moderata del Pd aperta e dialogante con l’Udc. Laddove, anche in senso nazionale, l’abile Bersani, se riuscisse a non perdere, recupererà Renzi, legittimato comunque dal bagno popolare, a scapito dei vecchi dirigenti centristi, leggi gli ex Margherita.

Con Prestipino sarebbero in lizza per le primarie Pd  l’ex assessore al Traffico di Rutelli Walter Tocci, poi Fabrizio Barca (politico di razza e di sinistra in servizio tecnico con Monti, David Sassoli (l’ex giornalista Rai avrebbe corso per le Regionali, va bene anche per il Comune), il segretario regionale Enrico Gasbarra (mente insieme ai dalemiani del cambio di cavallo in corsa per la Regione), si dice anche Rosi Bindi nonostante qualcuno la voglia impegnata a costruire la candidatura della prima donna al Quirinale. Il condizionale è d’obbligo: le primarie sono fissate il 20 gennaio 2013: una parte del partito non la vuole, la stessa che si era inventata Riccardi al Campidoglio nelle segrete stanze.