All-In di Putin: si gioca la pace con le fiches della guerra. L’economia mondiale rischia l’infarto

di Lucio Fero
Pubblicato il 22 Febbraio 2022 - 09:13 OLTRE 6 MESI FA
All-In di Putin: si gioca la pace con le fiches della guerra. L'economia mondiale rischia l'infarto

All-In di Putin: si gioca la pace con le fiches della guerra. L’economia mondiale rischia l’infarto FOTO ANSA

Putin mandando ufficialmente truppe nel Donbass, promosso da Mosca a Stato autonomo (dall’Ucraina) e amico, anzi fratello della Russia, ha gettato nel piatto fiches di guerra, guerra vera e possibile. E’ lo All-In di Putin, il giocarsi tutto, anche la pace. Giocarsi la pace sulla base del calcolo che, di fronte a tale rilancio, gli Usa e la Ue “passeranno”, cioè gli lasceranno la posta in questo piatto di poker planetario. 

Donbass, il massimo e il minimo secondo Mosca

Donbass, una regione dell’Ucraina fino ad otto anni fa. Poi la guerra civile, le sconfitte delle truppe di Kiev e quindi la formazione di due piccole Repubbliche russofone e filo russe. Guerra civile che entra in uno stato di sospensione all’ombra di un accordo (detto di Minsk) mai rispettato nei fatti. Prevedeva cessate il fuoco (spesso violato), autonomia amministrativa e qualcosa di più per il Donbass che però sarebbe rimasto territorio ucraino. Il nazionalismo ucraino non ha tollerato né concesso nessuna autonomia, perfino il russo, lingua parlata nel Donbass, veniva messo ai margini e in castigo. I filorussi non nascondevano di essere fieramente separatisti e autonomisti solo di facciata. Mandando truppe russe nel Donbass, spostando di fatto i confini, Putin ha scelto di prendersi il massimo possibile sul terreno.

Dell’Ucraina si era preso la Crimea, dell’Ucraina va a prendersi il Donbass. Il massimo, ma anche il minimo secondo la valutazione di Mosca, il minimo perché il Donbass nei fatti non era già più Ucraina, non sono da anni territori sotto la reale sovranità di Kiev. Putin ha scelto, tenta di muovere i carri armati come si fa in guerra senza pagare il dazio di una guerra. Il massimo e il minimo al tempo stesso, una scelta che mescola violenza e calcolo. Una di quelle scelte iper calcolate che non di rado nella storia smentiscono i calcoli, vanno in maniera diversa e non programmata, letteralmente scoppiano in mano a chi accende la miccia di quella voleva fosse solo un gran botto dimostrativo. 

Nessuno vuole “morire per Kiev” ma questo non garantisce la pace

Morire per Kiev, non lo vogliono gli americani, non lo vogliono gli europei e non lo vogliono i rispettivi governi. Morire per Kiev, le opinioni pubbliche, la gente dei paesi occidentali non è solo che non lo vogliano, proprio neanche se lo sognano. Ma sempre, quando accade, i contemporanei non sono davvero in grado di comprendere a quale punto siano del piano inclinato che porta alle guerre. Tanto meno di risalire quel piano se l’inclinazione si è fatta eccessiva. Per quanto possa sembrare letteralmente indicibile, per quanto possa apparire incompatibile con la nostra quotidiana realtà, una guerra in Europa, qui e ora, è davvero possibile. La pace, se mai ha un suo territorio, ha perso terreno e arretra i suoi confini.

La tempesta maledettamente perfetta

Un’inflazione massiccia e vorace su scala pluri continentale si sta mangiando parte non piccola e sicuramente crescente della ripresa economica post biennio Covid. Presto morderà le carni di salari e pensioni e quindi dei consumi. Un più che mastodontico debito pubblico contratto da tutti gli Stati e da tutte le Banche centrali impedisce di fatto di rispondere all’inflazione con la politica monetaria. Un costo abnorme del gas e quindi dell’energia prodotta col gas e una crescita fuori scala del costo delle materie prime. La grande ripresa post Covid ansima, non tiene. Potrebbe rovesciarsi nel suo contrario, la Germania sta andando in quella che si chiama recessione tecnica. Un fallimento della ripresa economica, un suo arrestarsi, addirittura arretrare nel 2022 sarebbe olio bollente sulla schiena degli equilibri sociali e politici in Usa come in Europa. 

Qui da noi un governo per tutti e nessuno per il governo

Qui da noi la maggioranza che dovrebbe tenere su il governo non tiene, non vuol tenere. Il governo Draghi sta diventando di fatto una parodia rovesciata del tutti per uno uno per tutti: è un governo per tutti ma nessuno è per il governo. I partiti politici hanno, chi più chi meno, scelto già di farsi i fatti propri, e cioè l’eterna campagna di propaganda, unica attività nota alle forze politiche oltre a quella della distribuzione di denaro e favori pubblici. Non è per nulla detto che il governo Draghi arrivi alla prossima primavera, tutti i partiti di maggioranza avevano solennemente giurato sul dovere/obbligo di garantire questo al paese quasi come condizione di sopravvivenza. Erano giuramenti bugiardi, giuramenti di appena qualche settimana fa. Ora l’impegno delle forze politiche è: Draghi stia lì, basta che non governi davvero. L’economia mondiale rischia l’infarto, il sistema socio-politico-economico italiano sta già avendo un’ischemia transitoria e non se ne è accorto.