Cile: al voto guerra a sinistra per sfidare il Berlusconi di Santiago

Pubblicato il 11 Dicembre 2009 - 20:27 OLTRE 6 MESI FA

Eduardo Frei

Un nome storico della storia politica cilena, Eduardo Frei,67 anni, figlio del presidente democristiano degli anni Sessanta, ante Allende e Pinochet, contro un giovane rampante, Marco Enriquez Ominami, 36 anni, si batteranno per la presidenza contro il candidato della destra Sebastián Piñera, 60 anni. Le prime elezioni cilene del reale dopo Pinochet (il dittatore è morto tre anni fa) si aprono con un primo turno di grande incertezza.

La presidentessa uscente, Michelle Bachelet, lascia una eredità esplosiva dopo la lunga e dolorosa uscita dall’era dei generali golpisti. Per la prima volta la destra può riprendersi il Cile con il candidato Antonio Pinera, padrone di una televisione e della squadra di calcio Colo-Colo, un perfetto epigono sudamericano di Berlusconi.

Gli ultimi sondaggi accreditano Frei di un 22 per cento contro il 19 di Ominami e il 38 per cento di Pinera. Frei e Ominami sono personaggi diametralmente opposti, anche se vanno a occupare la stessa area che aveva portato al successo la Bachelet. Frei è la storia del Cile pre-dramma del 1973, Ominami è un “nuovo” che parla un linguaggio diverso da quello della Bachelet, ma vuole inserirsi nel suo solco. Il suo simbolo è El Copihue, il nome di un fiore, sotto il quale dovrebbe radunarsi socialisti e democristiani e altre forze della sinistra. Un po’ come avvenne in italia con l’Ulivo. Non è la solo similitudine con la vecchia situazione italiana, berlusconismo compreso. Pineda ha i connotati esterni del Cavaliere, ma ha altri modi, meno espansivi più duri, sopratutto per chi vede nelle sue mosse e nei suoi programmi quel filo nero che parte dalla politica dei generali di Pinochet.

Se lo scontro sarà tra il Berlusconi cileno e Frei, la partità sembrerà ripetere gli storici scontri di trent’anni fa. Se, invece, il giovane Ominami ce la farà a guadagnare il ballottaggio, lo scenario cambierà completamente in una America Latina dove ogni elezione presidenziale sta diventando una vera scossa: dalla vittoria “contadina” di Evo Morales, il leader boliviano che cambia la geopolitica del suo paese, alle minacce di Hugo Chavez il leader boliveriano del Venezuela che mette in armi il suo popolo per sfidare la Colombia, ai movimenti tellurici del Brasile nuovo colosso mondiale che Lula, il presidente sindacalista a fine mandato, vuole consegnare a mani sicure perché la sua rivoluzione sia il faro di un subcontinente che sta svegliandosi da decenni di tempestosi sonni della democrazia.