“Il grande balzo in avanti”. Ovvero come Mao affamò milioni di cinesi

Pubblicato il 13 Novembre 2010 - 08:21 OLTRE 6 MESI FA

“Le vicende di uno dei massacri più insensati della storia contemporanea” sono state recentemente raccontate da Frank Dikötter, autore di un saggio che getta nuova luce sugli anni bui cinesi del “grande balzo in avanti”.

“Il grande balzo in avanti” fu la grandiosa opera di collettivizzazione forzata che, sotto la guida di Mao Tse Tung avrebbe dovuto portare la Cina ai livelli produttivi dell’Inghilterra, e che finì invece in una tragica, inutile e silenziosa carneficina. Durante quegli anni, dal 1958 al 1962, furono milioni i cinesi a morire sotto i colpi della fame oppure, marchiati come controrivoluzionari, uccisi per non aver rispettato i dettami della rivoluzione. Le stime sono raccapriccianti e vanno dai 15 fino ai 42 milioni di morti. Una marea di uomini e donne sacrificati su quello che è stato definito «un disastro molto costoso». Sì, perché Mao, megalomane e insensibile, diede vita ad un progetto chimerico, senza capo né coda, sprovvisto di ogni fondamento economico. Negli anni dal 1958 al 1965, gli anni cioè del “Grande Balzo in Avanti” la crescita della Cina fu inferiore a quella degli anni 1966-1978, quando quelle direttive economiche furono definitivamente abbandonate.

“La grande carestia di Mao” – questo il titolo dell’opera di Dikötter – mette a frutto l’apertura di qualche nuovo archivio. Il libro, non riesce solo a mettere insieme una grande mole di dati, ma anche a disegnare i contorni di una storia folle e memorabile. Viene così svelata la violenza che per anni fu portata avanti nel nome del maoismo, una tragedia la cui portata è stata, fino a pochi anni fa, misconosciuta, a causa della circospezione del regime comunista cinese.

Dikötter tratteggia Mao come un egomaniaco sconclusionata, indifferente alle morti umani, e ossessionate dalla protezione della propria immagine. Molte delle sue politiche erano effettivamente, per adoperare un eufemismo, bizzarre, come quando esportò cibo nell’Unione Sovietica e spinse i contadini a mangiare cinque ciotole di riso al giorno, tutto questo malgrado le condizioni alimentari disperate del paese.

La brutalità fu un segno distintivo dell’epoca e infierì specialmente nelle campagne affamate. Per esempio, Dikötter racconta la storia documentata di un ragazzo che rubò una manciata di grano. Un boss locale Xiong Dechang obbligò allora il padre del ragazzo a seppellirlo vivo.

Gente comune e ufficiali del governo sopravvissero grazie al cibo rubato alla razionamento, mentre nel contempo gonfiavano i numeri della produzione per ingraziarsi gli ispettori del partito.

La storia del “Grande Balzo in Avanti” aspetta la sua conclusione scientifica. Dikötter, così come gli altri specialisti del periodo, ammette che un quadro completo non può essere ancora tracciato. Gli archivi centrali del Partito a Pechino sono ancora chiusi, e probabilmente lo resteranno nel prossimo futuro.