Thailandia, “rossi” contro “gialli”: storia e protagonisti di quattro anni di caos

Pubblicato il 17 Maggio 2010 - 17:22| Aggiornato il 18 Maggio 2010 OLTRE 6 MESI FA

Quattro anni di crisi, due schieramenti opposti, rossi contro gialli e un governo in stato di emergenza: tra granate, proteste e trattative la Thailandia, ora in mano al premier Abhisit Vejjajiva, cerca ordine politico dal 2006. Tutto è cominciato nel settembre del 2006, quando un colpo di Stato ha destituito il premier Thaksin Shinawatra, del partito Thai Rak Thai, mentore delle camicie rosse, ovvero i popolari democratici, contrapposti alle camicie gialle, a favore dei monarchici. Il primo gruppo si fa portavoce degli interessi delle realtà rurali più povere contro i lussi e i benefici della classe più ricca che vive di business.

MARZO 2009 Nel marzo del 2009 le camicie rosse’ fedeli a Thaksin fanno irruzione al vertice Asean che si svolge a Pattaya. Abhisit decreta lo stato di emergenza. A Bangkok gli scontri tra dimostranti e forze dell’ordine causano due morti e 120 feriti.  Le camicie rosse versano sangue davanti alla residenza del premier, alla sede del governo e all’ambasciata Usa.

APRILE 2010 Negli scontri nella capitale rimangono uccise almeno 26 persone, compresi quattro soldati. Le trattative tra governo e camicie rosse si risolvono in un nulla di fatto, la proposta del premier Vejjajiva di andare a elezioni anticipate a novembre, prima accettata con alcune condizioni dalle camicie rosse, viene ritirata.

MAGGIO 2010 Dopo una settimana di tregua riprendono gli scontri nel quartiere commerciale di Bangkok. Torna il sangue per le strade della capitale, l’esercito presidia il centro e chiude con il filo spinato le aree del business e del potere. La polizia cerca di disperdere il blocco di manifestanti ‘rossi’, spara sulla folla.

THAKSIN Ora lo chiamano il negoziatore ombra, colui che divenne capo del governo dopo una lunga carriera come tycoon delle telecomunicazioni. Nell’ottobre 2008 viene condannato in contumacia a due anni per conflitto di interessi e corruzione. Mentre a Bangkok i manifestanti che lo sostengono, le camicie rosse, presidiano il quartiere commerciale, il leader cacciato dai monarchici è in esilio all’estero. Lontano dalla Thailandia dà istruzioni ai suoi, a quattro anni dal golpe, li istruisce per una red map: riconciliazione, elezioni anticipate e stop alle proteste solo se i vertici delle istituzioni si consegneranno alla polizia, perché colpevoli delle violenze di piazza e dei soprusi sui manifestanti democratici.

PARTITO DEL POPOLO Considerato la reincarnazione del vecchio partito di Thaksin, il Thai Rak Tahi, che vinse le elezioni del dicembre 2007, il primo voto libero dopo il colpo di stato dei gialli nel 2006.

ABHISIT VEJJAJIVA Leader delle camicie gialle pro-monarchia, del Pad, movimento monarchico nazionalista, è salito al potere nel dicembre del 2008. Due mesi prima della sua nomina era stato decretato lo stato di emergenza dopo vari scontri tra manifestanti antigovernativi e l’opposizione. Succede a Somchai Wongsawat, cognato di Thaksin. Rappresenta gli interessi della middle-class cittadina.

ADULYADEJ BHUMIBOL Il re della Thailandia, 82 anni, ricoverato da sette mesi per sospetti problemi respiratori. Dopo la grande crisi asiatica che destabilizzò il Paese nel 1997, è sempre stato considerato forza imprescindibile per la coesione delle forze nel paese. Il sovrano, sostenuto dal Pad dei gialli e dall’esercito e sul trono dal 1946, è ritenuto dalle camicie rosse un fantoccio dei militari. Protetto dalle leggi di lesa maestà più severe al mondo, Bhumibol non viene mai coinvolto dai media thailandesi nel dibattito politico. In 63 anni al potere ha visto avvicendarsi 21 primi ministri, approvare 16 diverse Costituzioni e vissuto 15 colpi di Stato militari, non tutti riusciti. Nel 1992 fu Bhumibol ad imporre la svolta che ha portato la Thailandia a diventare una democrazia compiuta, un cambiamento sancito dalla Costituzione liberale del 1997.

I LEADER DELLE CAMICIE ROSSE Il «Fronte unito per la democrazia contro la dittatura», il movimento extraparlamentare fedele all’ex premier Thaksin Shinawatra, è guidato da un collettivo di una ventina di leader.

Khattiya Sawasdipol: Meglio conosciuto come «Seh Daeng» («Comandante rosso»), ex generale estromesso dall’esercito per le sue vedute filo-Thaksin, da cui si è sempre vantato di prendere direttamente gli ordini. E’ morto dopo essere stato colpito da un cecchino il 13 maggio scorso.

Veera Musikapong: Il «moderato» del gruppo, negli anni Ottanta fu incarcerato per lesa maestà. Come altri ex deputati filo-Thaksin, è stato bandito dall’attività politica per 5 anni, con l’accusa di frode elettorale.

Jatuporn Prompan: Deputato del Puea Thai, il partito dei fedelissimi di Thaksin. Si è detto «disposto a morire» se l’esercito deciderà di sgomberare con la forza il presidio delle camicie rosse.

Nattawut Saikua: Carismatico ex portavoce di due governi filo-Thaksin nel 2008, è famoso per la sua eloquenza e il suo aspetto da macho lo rende particolarmente popolare tra le donne. Pochi giorni fa ha avuto una figlia, a cui ha dato il nome di «Camicia rossa».

Weng Tochirakarn: Un maoista negli anni Settanta, si unì per quattro anni a una ribellione comunista nella giungla. Quattro anni fa stava con le «camicie gialle» anti-Thaksin, in opposizione ai piani di privatizzazione dell’ex premier, ma il colpo di stato del settembre 2006 lo portò a cambiare sponda politica. È considerato l’ideologo del gruppo.