Usa, Germania, Italia: nazionalizzare le banche per sapere che c’è dentro

Pubblicato il 19 Febbraio 2009 - 18:02| Aggiornato il 2 Marzo 2009 OLTRE 6 MESI FA

Nazionalizzare le banche, per sapere cosa c’è dentro. In quelle americane si suppone ci siano dai due ai tremila miliardi di prestiti a rischio. Significa che di fatto molte banche usa, e non le minori, sono insolventi. Il piano Geithner, il ministro di Obama, suppone di finanziare queste banche con denaro pubblico elargito a basso tasso di interesse.

Ma questo nulla modifica e nulla chiarisce sul reale stato patrimoniale delle banche stesse. Quindi il circuito del credito e soprattutto quello della fiducia non riparte perchè nessuno sa quanto valgono le banche. Negli Usa quindi si parla di nazionalizzare, nonostante lo choc culturale che una simile parola induce nella patria della teoria e della pratica del capitalismo.

In Germania sono addirittura un passo avanti: il governo ha presentato al Parlamento una proposta di legge che autorizza non solo la nazionalizzazione ma addirittura l’espropio degli istituti di credito, previa indennità agli azionisti espropriati. Cinquecento i miliardi di euro stanziati.

E in Italia Silvio Berlusconi, dopo l’incontro con il premier inglese Brown, per la prima volta ammette: “Va trovato qualcosa di più forte” della garanzia pubblica alle banche. Sia pure solo come ipotesi, la nazionalizzazione compare nell’agenda del governo italiano. Anche se poi si affretta a dire che il sistema delle banche italiane è sano e non c’è nulla da temere.

Nazionalizzazione che sarebbe temporanea, fino appunto a raggiungere l’obiettivo di sapere tutti, governi, operatori economici e cittadini, cosa c’è nelle banche e quanto valgono davvero sul mercato.

Mercato a cui poi le banche andrebbero riconsegnate.