Usa. I successi esteri di Obama non l’aiuteranno ad essere rieletto

di Licinio Germini
Pubblicato il 23 Ottobre 2011 - 13:42 OLTRE 6 MESI FA

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama

WASHINGTON, STATI UNITI – E’ un assioma consolidato che la gente alle elezioni vorrebbe forse votare col cuore, ma alla fine vota col portafogli. Gli americani non sono diversi, anzi. L’annuncio del presidente Barak Obama che i soldati Usa lasceranno l’Iraq alla fine dell’anno è stato il corononamento di una settimana importante in cui ha anche avuto il merito di contribuire a far fuori uno dei più odiosi dittatori al mondo, Muammar Gheddafi.

Ma per quanto entusiasmanti queste imprese, la ”conventional wisdom”, l’opinione più diffusa tra analisti e osservatori, ha già decretato che nessuna di esse, neanche l’uccisione il 2 maggio scorso del nemico numero uno dell’America, Osama bin Laden, contribuirà a risollevare le sorti del presidente che affonda nei sondaggi. Se la stima dell’elettorato ricomincerà a crescere e Obama potrà sperare di essere rieletto l’anno prossimo – rileva il New York Times – ciò sarà dovuto ad un unico, cruciale fattore: l’andamento dell’economia, che attualmente è a pezzi e registra un tasso di disoccupazione del 9,1 per cento.

Certo, il ritiro dall’Iraq, una promessa elettorale mantenuta, e la campagna della Nato in Libia – senza vittime americane ed ad un costo minimo – hanno consentito ad Obama di riaffermare le sue credenziali di leader in tempi di guerra e assicurare l’elettorato democratico che sta mantenendo le promesse in base alle quali è stato eletto. Il che rafforza la mano del presidente contro quello che sarà il suo rivale repubblicano nella lotta per la Casa Bianca, il quale difficilmente potrà dire, come i suoi colleghi di partito affermano da sempre, che per quanto riguarda la sicurezza nazionale i democratici sono inaffidabili.

Nondimeno, non v’è dubbio che le presidenziali del 2012 saranno dominate dallo stato dell’economia e dalla micidiale disoccupazione, campi in cui Obama non fa che ricevere cattive notizie con scarse speranze che la situazione sarà migliorata quando gli americani si recheranno alle urne. Discussioni riguardo alla politica estera sono state vistosamente assenti nei dibattiti tra i candidati repubblicani, fatto tanto più sorprendente in quanto gli Stati Uniti sono invischiati in tre guerre e i repubblicani si sono cempre proclamati alfieri della sicurezza nazionale.

”Gli affari esteri sono importanti – dice David Winston, uno stratega repubblicano – ma quando confrontati con i problemi dell’economia e della disoccupazione, per l’elettorato americano diventano pressochè irrilevanti”. Aggiunge: ”Obama si sta comportando come se avesse un incendio in casa. E’ occupato ad aggiustare una finestra mentre il resto della casa sta bruciando”. Rincara la dose Karl Rove, ex-stratega del presidente George W. Bush: ”Se Obama pensa di essere rieletto per i suoi successi esteri, non si rende conto che per gli americani disoccupati e impoveriti non è quello che conta”.

Gli stessi sondaggi indicano che questi successi esteri non vengono tenuti in grande considerazione dalla pubblica opinione. Quando ordinò la missione dei commando che uccisero bin Laden, un sondaggio New York Times/CBS News accertò che la sua popolarità era balzata di 17 punti, a quota 57 per cento. Ma è stato un balzo effimero: un mese dopo, con una sequela di pessime notizie sul fronte dell’economia, è rimpiombato al 50 per cento.