Enrico Battisti, il ragazzo Down che prende il massimo dei voti alla maturità

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Luglio 2014 - 11:16 OLTRE 6 MESI FA
Enrico Battisti, il ragazzo Down che prende il massimo dei voti alla maturità

Enrico Battisti, il ragazzo Down che prende il massimo dei voti alla maturità

ROMA – Enrico Battisti, diciannovenne di Padova, si sta godendo il meritato riposo dopo aver preso la Maturità all’Istituto tecnico Giovanni Valle della sua città con il massimo dei voti. Cento su cento.

Racconta Elvira Serra sul Corriere della Sera:

“Doveva prenderlo eccome! Anche io ai miei tempi avevo preso sessanta sessantesimi”, scherza la mamma. E non nasconde la grande soddisfazione, perché come figlia di insegnanti ha “sempre dato molta importanza al risultato scolastico”.
Ma la ragione non è soltanto questa. Enrico, infatti, è un ragazzo con la sindrome di Down. E se è vero, come spiega il papà, che il voto gli è stato dato in base ad obiettivi fissati apposta per lui in un «piano educativo individualizzato», e che dunque il suo cento in assoluto non potrebbe essere equiparato a quello di un compagno di classe che ha studiato su un altro programma, nondimeno i 100 centesimi di Enrico sono il giusto premio ai suoi sforzi, all’impegno costante e generoso e, soprattutto, al raggiungimento dei requisiti previsti dalla legge. Senza privilegi.

«Mi vergogno un po’, ma sì, dai, sono contento…», smorza il protagonista, incuriosito e intimidito (ma solo all’inizio) da tutta questa attenzione. Poi si racconta con molta leggerezza: «Mi piacciono italiano, francese, inglese e geografia. Il mio cantante preferito è Enrico Ruggeri. Lo sportivo Alex Del Piero. Una fidanzata? Sì, c’è, si chiama Arianna, abbiamo fatto l’asilo insieme, è dell’Associazione Down Dadi di Padova». Lui ama la musica, suona il piano, e al saggio di fine anno della scuola privata che frequenta ha suonato il Mattino di Grieg.

Enrico non intende proseguire gli studi. «Vorrei lavorare, magari in una pizzeria, come il mio amico Daniele, che fa il cameriere». La mamma non nasconde un poco di amarezza al pensiero di questo figlio, tanto desiderato e amato, arrivato quando lei e il marito avevano trentasette anni, che non prenderà la laurea. «Purtroppo all’Università non esistono forme di sostegno. Fa impressione, soprattutto se fai parte di una famiglia di intellettuali indipendenti che hanno sempre lavorato. Il sistema della scuola superiore ti assiste bene, poi però diventa tutto più difficile».