“Ideona Pd: stangare il ceto medio”, Antonio Signorini sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Dicembre 2013 - 09:48 OLTRE 6 MESI FA

Cuneo-fiscaleROMA – Studio della fondazione di Visco: le misure targate sinistra sul cuneo fiscale penalizzano i redditi tra 28 e 35mila euro.

Scrive Antonio Signorini sul Giornale:

Non c’è pace per il taglio del cuneo fiscale o meglio, per le misure fiscali pro lavoratori dipendenti sponsorizzate dal Partito democratico. Rinviato a data da definire il taglio del cu­neo vero e proprio, delle propo­ste di bandiera Pd sul fisco (un po’ come l’Imu per il Pdl)è rima­sto solo un taglio alle detrazio­ni. Una prima versione, recepi­ta dal governo nella legge di Sta­bilità, è stata impallinata. Dava ai lavoratori poco più di una mancia, insufficiente anche per un caffè al giorno. Al Senato gli sgravi sono stati concentrati sui redditi più bassi, in partico­lare su quelli fino a 18mila euro, ma il taglio rischia di trasfor­marsi nell’esatto opposto di quello che dovrebbe essere (…)

Verrebbe da pensare a una improvvisa conversione alla Re­aganomics del governo Letta. Più probabile che si tratti di una svista. Un errore segnalato, con molta discrezione, dalla Fonda­zione Nens (Nuova economia nuova società) di Pier Luigi Ber­sani e di Vicenzo Visco, quindi un centro studi saldamente de­mocratico e non sospetto di simpatie per Forza Italia.

Ruggero Paladini, economi­sta che ha lavorato nel gabinet­to di Visco, in un paper intitola­to significativamente «Cuneo, detrazioni Irpef e scaglioni. Fi­no a che punto il Parlamento è consapevole di quello che fa?», ha calcolato le aliquote effetti­ve, cioè quanto effettivamente verrebbe prelevato dal fisco su determinati livelli di reddito se la riforma passasse così come è adesso. E ha scoperto che ad es­sere penalizzati sono i redditi tra i 28mila e i 35mila euro.

In sintesi: fino a 8.164 non si paga. La fascia successiva, fino a 15mila euro, considerando anche le detrazioni, ha una ali­quota effettiva del 27,5% e quel­la tra 15 e 28mila del 31,5%. Ba­sta guadagnare un euro in più e l’Irpef comincia a pesare dieci punti in più. Il 42,5% per la preci­sione.

Ma non basta. I redditi supe­riori a quelli compresi tra 28 e 35mila euro, pagherebbero me­no imposte. Fino a 55mila euro, il 41,34%. Da 55 fino a 75mila eu­ro, ancora meno anche se di po­co: il 41%. Solo per i redditi supe­riori, da 75mila euro in poi, vie­ne ristabilito il principio della progressività, peraltro sancito dalla Costituzione, con una ali­quota reale del 43%.

Una distorsione, difficile da sanare. «Correggere questo di­fetto, introducendo formal­mente lo scaglione da 28.001 a 35.000 per tutti i contribuenti e abbassando l’aliquota a 37% ­spiega Paladini – costa un mi­liardo » (…)

La proposta Pd ha infine un al­tro «serio difetto». Quello di «escludere circa quattro milio­ni di lavoratrici e lavoratori pa­rasubordinati o part time che già oggi sono ad imposta netta nulla». Parola di economista di una fondazione vicina al Pd.