Inps: regali ai dirigenti e ai sindacati. Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Febbraio 2015 - 09:36 OLTRE 6 MESI FA
Inps: regali ai dirigenti e ai sindacati. Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano

Inps: regali ai dirigenti e ai sindacati. Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano

ROMA – “L’Inps – scrive Marco Palombi del Fatto Quotidiano – è una macchina assai complicata: un pachiderma che si muove lentamente bilanciando i pesi di tecnostruttura, politica e sindacati, soprattutto la Cisl, che nell’ente è una potenza. Dal 2008 a oggi – con la cancellazione del cda e la creazione della presidenza monocratica – il ruolo della struttura tecnica nella gestione giornaliera dell’ente è cresciuto in maniera abnorme e ora – visto che la riforma della governance Inps non arriva, anche se tutti continuano a dire che è necessaria – uno dei suoi impegni principali è perpetuarsi come potere”.

Il metodo è sempre quello: fidelizzare gli amici, blandire i concorrenti, farsi temere dai nemici. Su tutto questo dovrà governare il nuovo presidente Tito Boeri, economista bocconiano e fondatore de lavoce.info, un marziano rispetto ai tradizionali “gestori” dell’Istituto. Forse per questo gli sarà utile conoscere alcune recenti vicende che paiono testimoniare un’attitudine non proprio commendevole rispetto all’uso dei soldi pubblici.
I direttori sono 46 e 12 hanno la delega alla supercazzola C’è la spending review, come si sa, e l’Inps non è rimasto immune: 553 milioni di tagli nel solo 2013. Pure le pensioni, a dire il vero,hanno subito più di una decurtazione, a partire dal mancato adeguamento all’inflazione deciso dal governo Monti per le pensioni superiori a tre volte il minimo (1300 euro al mese netti circa), peraltro ancora in vigore anche se con una soglia più alta. Non tutti, però, hanno subito la stretta imposta al bilancio pubblico: qui e lì qualcuno s’è salvato. A luglio, su proposta del direttore generale Mauro Nori, l’allora commissario Vittorio Conti ha avallato un nuovo ordinamento dell’Inps, operativo dal 1° settembre, che prevede la bellezza di 46 direttori generali, gente che tra una cosa e l’altra finirà per guadagnare all’ingrosso 240mila euro l’anno, cioè il tetto degli stipendi pubblici (…)
Anche i sindacati sono un pezzo della governance Inps: sono i confederali a esprimere pezzi importanti dei vertici, come ad esempio il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza, Pietro Iocca, ex Cisl. Ingraziarsi le tre organizzazioni principali, insomma, conviene. È in questo capitolo che va iscritto il “verbale d’intesa in materia di posizioni organizzative” sottoscritto da Insp, Cgil, Cisl e Uil l’11 novembre. Prevede una cosa bizzarra: l’indennità concessa a chi occupa posizioni organizzative (i cosiddetti “capi team”) viene mantenuta anche quando si è finito di coordinare alcunché. Sempre in funzione dell’appeasement coi sindacati la scelta operata sul bilancio 2013: circa 200 mila euro di spese di troppo – che avrebbero finito per decurtare il fondo per il premio di risultato dei dipendenti – sono state scaricate sui costi del Fondo Credito, l’istituto che concede prestiti ai dipendenti pubblici alimentato da apposite trattenute.

Pm e Cantone, blitz all’Inps: uno strano appalto da 75 milioni. Di Marco Palombi del Fatto Quotidiano: (…)  Tutto era iniziato con alcune interrogazioni parlamentari e esposti alla magistratura firmati dall’ex presidente Inps Antonio Mastrapasqua, dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps e dal magistrato della Corte dei Conti che controlla l’ente: tutti abbastanza distratti se si pensa che Delta servizi gestisce quell’appalto dal lontano 1998. Era successo che, dopo la fusione con Inpdap voluta da Mario Monti, qualche funzionario avesse sollevato dubbi sulla bontà dell’accordo: troppo oneroso per i servizi acquistati. Un dirigente aveva anche tentato la strada della risoluzione del contratto, ma senza riuscirci: i vertici Inps avevano fatto resistenza e Delta uno ha continuato ad accumulare faldoni e altro nei suoi magazzini di Pomezia e Ciampino, vicino Roma. Ora, però, Procura e Anac sono al lavoro sugli archivi. Il dg Nori aveva proposto a Cantone una due diligence su tutti gli appalti Inps, ma l’Anti-corruzione ha risposto picche: intanto cominciamo da questo, poi si vede. Avranno da lavorare parecchio: tutto inizia, infatti, nel lontano maggio 1998, quando l’Inps – all’epoca guidato da Gianni Billia – affida, senza gara, l’appalto per la gestione del suo intero archivio alla Delta uno servizi Spa per nove anni. Si tratta di trovare un posto in cui sistemare un mare di fascicoli, conservarli con una certa cura e riportarli indietro in caso di bisogno. Costo dell’operazione: circa 45 miliardi di lire dell’epoca, più la solita quota variabile per peso. L’incarico viene poi rinnovato nell’estate 2008 al prezzo stavolta di 75 milioni di euro (più la parte variabile) fino al luglio 2017. Anche stavolta senza gara: il contratto – che Il Fatto ha visto – parla di “procedura negoziata”, cioè di trattativa privata. Questo genere di trattativa però è ammessa solo in casi eccezionali: urgenza, tutela di diritti esclusivi, circostanze impreviste e cose così. Niente che riguardi l’archivio Inps: quel servizio può essere erogato da qualunque azienda operi nel settore e dunque la vera discriminante è il prezzo. La gara era obbligatoria.
Il rinnovo 2008-2017
e i fantasmi dietro Delta uno
Il secondo contratto, quello su cui si concentrano gli inquirenti, parte nel luglio 2008, quando all’Inps era appena iniziato il lungo regno monocratico di Antonio Mastrapasqua, ex presidente caro al Gentiluomo di Sua Santità Gianni Letta. Il valore del contratto fu fissato in 75 milioni per 9 anni, più le parti variabili per le eccedenze di peso, che adesso cominciano a essere corposevistochedal2012ilcontratto di Delta uno servizi s’è arricchito pure dell’archivio Inpdap. A oggi non si sa quale sia l’esborso complessivo di Inps per la gestione degli archivi: anche senza conoscere la parte variabile comunque, con cifre inferiori agli 8 milioni e mezzo l’anno del prezzo base, l’Inail ha digitalizzato archivi e servizi.
Resta una domanda: cos’è Delta uno servizi Spa? Risulta fondata nel 1993, ha sede a Pomezia, 63 dipendenti e un amministratore unico che risponde al nome di Roberto La Rosa. Il valore della produzione, al dicembre 2013, era di quasi 13 milioni di euro, gli utili 2,5 milioni: significa che se Inps non è il suo unico cliente, poco ci manca. La cosa più interessante, però, la si scopre cercando i proprietari: non si sa chi siano, visto che sono schermati dal socio unico, che è una fiduciaria, quella di Banca Finnat.
E questo è almeno un nome interessante visto che si tratta della banca della famiglia Nattino, ubiqua al potere romano (Francesco Gaetano Caltagirone è nel cda, come Nattino senior è in quello di Caltagirone editore) e con grandi entrature in Vaticano: monsignor Scarano, per dire, li cita spesso nelle carte della recente inchiesta sullo Ior. In questo caso, però, Finnat fiduciaria è solo lo schermo (legale, per carità): resta la bizzarria di un ente pubblico che concede appalti – senza gara – a una società di cui non si può conoscere la proprietà. Anche su questo gli inquirenti stanno lavorando: chi c’è dietro Delta?