Lecce, università dove cattedra “casereccia” vale più di Yale e Oxford

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Ottobre 2014 - 15:55 OLTRE 6 MESI FA
Lecce, univeristà dove cattedra "casereccia" vale più di Yale e Oxford

Lecce, univeristà dove cattedra “casereccia” vale più di Yale e Oxford

LECCE  –  Un bando per 16 posti da professore di seconda fascia. Manna dal cielo per le università italiane, soprattutto se a offrire i posti in questione è l’università del Salento. Il punto è che i criteri per affidare quei posti è quantomeno rivedibile.

Università del Salento decide, e Gian Antonio Stella riporta, che per prendersi quelle cattedre aver insegnato in Italia vale più punti (fino a 5 volte di più) di aver insegnato all’estero. Tradotto: Milano, Salento, Torino o Sassari che sia, si hanno più punti che se si insegnasse a Yale, Oxford e affini. Alla faccia di tutte quelle classifiche delle università che per quanto discutibili finiscono sempre per mettere le università italiane fuori dai primi non dieci, ma 50 posti.

Il bando, scrive Stella, è un delirio:

Già il documento, va detto, è un capolavoro del delirio burocratese in cui affoga l’Italia: prima di arrivare al nocciolo, la delibera vera e propria, elenca infatti 42 «visto» e «vista» (da «vista la legge 23 agosto 1988 n.370 – esenzione dell’imposta di bollo…» a «vista la legge 9 maggio 1989 n.168-istituzione del ministero dell’Università…») più due «considerato» e un «ritenuto» per un totale di 189 righe di logorrea «codicillica».

Il seguito, però, è perfino peggio.
Già alla prima delle cattedre messe in palio, infatti, quella di Archeologia, il massimo riconosciuto per l’«attività di docenza svolte in Italia» è di 20 punti, quello per le «attività di docenza e attività di ricerca all’estero» compresi gli «incarichi o fellowship ufficiali presso atenei e centri di ricerca esteri di alta qualificazione» e la «partecipazione a convegni internazionali in qualità di relatore», solo di 4. Cinque volte di meno.

Non solo. Il bando punisce indipendentemente dal curriculum e dalla disciplina cui si applica. Ancora Stella

Col risultato, ad esempio, che se un fuoriclasse celebre nel mondo come Andrew Stewart, specializzato in «Ancient Mediterranean Art and Archaeology», volesse prendersi lo sfizio di lasciare l’Università di Berkeley per venire a Lecce (ammesso che fosse accettato nonostante il passaporto straniero) avrebbe per la sua esperienza didattica 4 punti rispetto ai 20 riconosciuti a un ipotetico professor Tizio Caio che abbia insegnato in un’università telematica di Rocca Cannuccia. Assurdo. Tanto più di questi tempi, coi docenti delle «telematiche» che paiono (ma ci torneremo) moltiplicarsi miracolosamente.
E se può essere spacciato come una scelta sensata lo squilibrio (16 punti agli «italiani», cinque agli «stranieri») per la cattedra di letteratura italiana contemporanea, anche se ci sono fior di stranieri che la conoscono meglio di tanti italiani, appare folle la sproporzione, ad esempio, per la cattedra di Econometria (20 punti a 10), di «Meccanica applicata alle macchine» (30 punti a 10), di Botanica (20 punti a 5) o di «Misure elettriche ed elettroniche» dove lo squilibrio è ancora quintuplo: 10 punti ai «casalinghi», 2 agli eventuali acquisti dall’estero.

Un terzo del punteggio che l’aspirante professore potrebbe guadagnare dimostrando di sapere l’inglese! E non è tutto. Un ricercatore ha generalmente un punteggio uguale a quello del capo-ricerca e in alcune discipline perfino più alto. Peggio: a «Progettazione industriale» chi ha avuto la «responsabilità scientifica di progetti di ricerca, nazionali e internazionali ammessi al finanziamento sulla base di bandi competitivi» ottiene un punto. Chi ha solo partecipato ne ottiene nove! Che razza di criterio è?