“Malevich, croci e delizie dell’imperatore dello spazio”, Minervino sulla Stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Ottobre 2013 - 11:07 OLTRE 6 MESI FA
malevich stampa

L’articolo su La Stampa

ROMA – “Malevich, croci e delizie dell’imperatore dello spazio”. Questo il titolo dell’articolo a firma di Fiorella Minervino sulla Stampa in edicola lunedì 28 ottobre, dove la giornalista parla della grande mostra, ad Amsterdam, che celebra il padre del suprematismo e le avanguardie russe tra entusiasmi rivoluzionari e ritorno al realismo.

Era il 1915, in novembre Albert Einstein esponeva a Berlino la «teoria della relatività generale», descrivendo le proprietà dello spaziotempo a quattro dimensioni che rivoluzionò la fisica. Il 19 dicembre a San Pietroburgo (allora Pietrogrado) inaugurava «0,10» la seconda mostra di pittura futurista, destinata a sovvertire molta parte dell’arte e dell’estetica modern. L’organizzatore Kazimir Malevich, con gli amici Tatlin, Popova, Rozanova, aveva allestito la propria sala con 36 dipinti distribuiti su due pareti ad angolo, in alto al centro, luogo in genere deputato a un’icona, aveva sistemato il Quadrato nero su fondo bianco, sotto le croci, i cerchi, le forme geometriche dai colori rosso, blu, giallo, verde, che parevano fluttuare nello spazio della tela. Il quadrato iconico scandalizzò i visitatori e segnò la nascita ufficiale del Suprematismo, il movimento radicale ideato dall’artista, architetto, professore russo che predicava la «supremazia della sensibilità sull’arte», cioè «l’arte astratta», quella che lui (…) voleva cercare oltre la crosta terrestre, nell’aria.

Ebbene la stessa sala rivive con parecchi dipinti in questa memorabile antologica che allinea ben 300 opere del pioniere Malevich (era nato a Kiev nel 1879) con disegni, dipinti, guazzi, modellini, sculture, e 200 opere di altri esponenti delle Avanguardie russe, da Chagall alla Goncharova, Larionov, Kandinsky, Puni, Tatlin. A prestare, oltre lo Stedelijk che vanta una poderosa collezione, sono i maggiori musei e le collezioni private internazionali (ci sono le due collezioni storiche unite, la Kharzhiev e la Costakis). Sicché nella più grande personale dedicata all’artista russo negli ultimi 20 anni ci si addentra in ogni tappa della sua complessa vicenda: decine di disegni anticipano i risultati a venire comprese le ricerche della quarta dimensione. Altrove si rileggono le teorie enunciate mentre insegnava a Vitebsk dal 1919 al ’27 con il gruppo Unovis. Rifiorisce insomma il pensiero rivoluzionario che, attraverso cerchi, rettangoli, croci, quadrati, conquistò l’azzeramento radicale dell’immagine, la purezza assoluta dei Monocromi bianchi su bianco del 1917-18.

È un vero viaggio dentro Malevich, il suo misticismo, il linguaggio cosmico, il bagaglio di cultura russa, popolare e fantastica, i legami con le avanguardie primi ’900, a partire dai lavori del 1903, legati a Impressionismo, Simbolismo, Fauvismo, poi Neo-Primitivismo e Cubo Futurismo. Il tutto costellato di capolavori quali Studio di contadino 1911, (dal Pompidou) e il famoso Un inglese a Mosca del ’14 (Stedelijk) nello stile che Malevich battezzò «A-logismo», con pittura a collages. Poco si conosceva del percorso durante il regime sovietico, al quale aderì fin dalla prima ora, pur non accettando a pieno il precetto che l’arte dovesse essere al servizio della società , come al contrario fece il Costruttivismo di Tatlin, Rodchenko, El Lissitzky. Profonda fu la delusione quando nel 1928 Stalin bandì l’arte astratta e impose il ritorno al figurativo. Malevich si adeguò, venne destituito dalla direzione dell’Istituto statale della Cultura Artistica, conobbe la prigione, tornò al realismo e ai colori brillanti; qui è un succedersi dei dipinti negli anni ultimi fino alla morte nel 1935, compaiono deliziosi ritratti di contadine dai grossi fazzoletti in testa rossi come le labbra, intinti nelle linee geometriche, ora momenti impressionisti imbevuti di astrattismo, come Sorelle del ’33 o l’autoritratto cupo alla Courbet. Molte le suggestioni come la sala che proietta l’Opera Vittoria sul sole 1913, con i suoi disegni per costumi e scene, musica dell’ amico Matyush, libretto di Kruchenyikh, dove un fantomatico Gruppo del Futuro catturava l’astro infuocato (il simbolo dello zar). Mirabili i costumi, taluni a mezza via fra cubismo e corazze di guerrieri medievali: Malevich sosteneva che proprio tale esperienza lo indusse all’astrazione. (…)

Nel ’27 Malevich andò in Germania e visitò il Bauhaus di Dessau, conobbe Arp, Schwitters, Naum Gabo, Le Corbusier. Sorprende tuttora la sala delle grandi Croci del ’20-21 vicine ai monocromi bianchi su bianco presentati nel ’19 come conquista della purezza assoluta, così come il celebre dipinto Quadrato nero su fondo bianco del ’29 (Tetryakov , Mosca). Infine la visita si conclude fra le gigantografie del funerale con feretro in stile Suprematista. Prossime tappe da marzo: Bonn alla Bundeskunsthalle e Londra alla Tate.