Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Firme e schiforme”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Agosto 2014 - 07:46 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Firme e schiforme"

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Firme e schiforme”

ROMA – “Un mese fa – scrive Marco Travaglio – il Fatto lanciava la petizione “Contro i ladri di democrazia e il Parlamento dei nominati, per riforme che facciano contare i cittadini”. In trenta giorni abbiamo già raccolto le firme di quasi 230 mila cittadini, molti più della somma dei nostri lettori e abbonati, circa un quarto dei visitatori del nostro sito. Ma ci piace pensare che l’appello, girando in modo virale in Rete, abbia attirato l’attenzione di tanti italiani che abitualmente non ci leggevano”.

L’articolo completo:

Magari perché si erano bevuti le leggende nere sul giornale fazioso, distruttivo, berlusconidipendente, mai contento, disfattista, organo delle procure o dei comunisti o dei grillini, bollettino dei gufi e altre amenità. In realtà non ci siamo limitati a indicare in dieci punti i principali pericoli contenuti nel combinato disposto delle schiforme di Senato & Italicum: abbiamo anche formulato una serie di proposte costruttive, con l’aiuto di alcuni fra i migliori giuristi e costituzionalisti italiani, per cambiare qualche legge e articolo della Costituzione, ma nel senso opposto a quello del Patto del Nazareno: cioè per fare dell’Italia una democrazia più orizzontale e più partecipata, convinti come siamo che la crisi drammatica che continuiamo a vivere si possa superare soltanto coinvolgendo maggiormente i cittadini nella vita pubblica, e non tenendoli fuori dalla porta delle segrete stanze per lasciar decidere i soliti noti, ma soprattutto ignoti. Finora, purtroppo, è stata quest’ultima la strada imboccata da Renzi e dal suo compare pregiudicato (e, prima di loro, da Monti e da Letta jr., sempre in società con B.), con i risultati che tutti stiamo vedendo. È la strada indicata dal famigerato rapporto 2013 di JP Morgan (la banca d’affari additata dallo stesso governo americano fra i principali colpevoli della bolla dei supbrime che scatenò la crisi finanziaria): quello che consigliava ai governi del Sud Europa di superare la crisi liberandosi delle loro “Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo”, ritenute “inadatte a favorire la maggiore integrazione dell’area europea”: cioè troppo democratiche, a causa della presunta “influenza delle idee socialiste” che avrebbe prodotto “esecutivi deboli nei confronti dei parlamenti; governi centrali deboli nei confronti delle regioni; tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori…; e la licenza di protestare” che avrebbe favorito la “crescita di partiti populisti (Italia e Grecia)”. La ricetta JP Morgan non è solo pornografica-mente autoritaria, ma ha anche dimostrato e continua a dimostrarsi fallimentare. Eppure è quella seguita dagli ultimi quattro governi italiani. Che aspetta Renzi a fare davvero il rottamatore, ribaltando quell’agenda e ingranando la retromarcia? Anziché andare a Canossa, anzi al Quirinale e a Città della Pieve, a prender ordini da nonno Napolitano & zio Draghi, salvo poi fare il ganassa a colpi di “Bruxelles chi?”, il premier dovrebbe dire finalmente la verità agli italiani. Che non è quella dei complottisti sempre pronti a dare all’Europa delle banche e della Merkel la colpa di tutti i nostri mali: con tutti i trattati che abbiamo firmato (anche al buio), tutto possiamo fare fuorché indignarci se la Bce ci chiede di cedere altri brandelli di sovranità. Soprattutto se abbiamo promesso di ridurre il debito pubblico e poi scopriamo che, solo nei primi sei mesi di quest’anno, l’abbiamo lasciato galoppare (insieme alla spesa pubblica incontrollata) di altri 10 miliardi fino al record del 134 % del Pil. Che si debbano rastrellare decine di miliardi per rispettare gl’impegni, è fuor di dubbio. Compito della politica, per quel poco di sovranità che ci rimane, è decidere chi paga. E qui non si scappa: quei soldi si possono prelevare dalle solite tasche dei lavoratori, pensionati e imprenditori onesti che pagano le tasse e i contributi; oppure da quelle dei ladri, che vivono sulle spalle degli altri rapinandoli con un’arma più insidiosa e anche più vile della pistola: l’evasione. Finora si è scelta l’opzione A. Ora, tanto per cambiare un po’, si potrebbe tentare con la B. Se Renzi, anziché perder tempo con le schiforme che non fregano niente a nessuno (basta ripristinare il Mattarellum: la maggioranza in Parlamento ci sarebbe, con i 5 Stelle) o col solito articolo 18, si presenterà agl’italiani rivelando finalmente le ragioni e l’ammontare della prossima stangata, troverà tanti cittadini disponibili a partecipare. Purché i sacrifici siano davvero distribuiti con equità: lotta senza quartiere all’evasione, alla corruzione e ai patrimoni mafiosi, recuperando i miliardi che occorrono non per regalare spiccioli a pioggia (come fece Letta abolendo per un anno l’Imu sulla prima casa per un anno e come ha fatto Renzi con gli 80 euro), ma per iniziare a ridurre seriamente le imposte a chi le paga. E chi non le paga, in galera. Il che, è ovvio, significherebbe archiviare la stagione delle schiforme, stracciare il papello occulto del Nazareno e sostituirlo con un patto trasparente con tutti gl’italiani di buona volontà. La conta è già cominciata: le nostre 230 mila firme non saranno granché, ma sono sempre più numerose del duo Renzi-Berlusconi, magari con l’aggiunta del suo ultimo fan Bono Vox (grande cantante, per carità, ma guardacaso dal 2006 domiciliato con tutto il patrimonio degli U 2 nel paradiso fiscale delle Antille Olandesi…).