Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Molto fumo, niente arrosto”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Novembre 2013 - 08:17 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio

Marco Travaglio

ROMA – “Molto fumo, niente arrosto”, questo il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano di oggi (13 novembre). “Checché ne dica Ostellino – scrive Travaglio –  citando l’Habeas Corpus, Kelsen, il positivismo, Saint Simon, Comte, il nazismo e l’illuminismo (ovviamente scozzese), la custodia cautelare non è un’autentica vergogna per il nostro Paese” (esiste in tutto il mondo) né “una ruota medievale usata da certi magistrati per strappare una confessione qualsiasi per giustificare il proprio arbitrario giudizio”.

Ecco l’editoriale:

È una triste necessità che lo Stato, per evitare che i cittadini si facciano giustizia da soli, è costretto a prevedere come extrema ratio nel periodo che passa fra la scoperta del possibile autore di un delitto e la sentenza definitiva: per evitare che il tizio fugga, o inquini le prove vanificando il processo, o torni a delinquere. Un periodo piuttosto breve nei paesi che non conoscono tre gradi di giudizio automatici, né l’esecutività delle sentenze solo dopo l’ultima sentenza, e che non hanno una giustizia sfasciata dalla classe politica: cioè in quasi tutti, tranne l’Italia.

Che infatti ha il record di durata delle custodie cautelari, almeno nelle statistiche. Poi la realtà è molto diversa. In America, per esempio, il condannato presenzia obbligatoriamente al primo processo e, se viene condannato, finisce direttamente a scontare la pena in carcere. E di lì eventualmente presenta appello, ma solo in caso di nuove prove (la nostra “revisione”). I ricorsi alla Corte Suprema che passano il filtro di ammissibilità sono un centinaio all’anno. In Italia 80 mila. Gli appelli dilatori e pretestuosi sono sanzionati duramente, anche perché dappertutto (fuorché da noi) chi ricorre contro la condanna può beccarsi una pena più alta nel grado successivo (reformatio in peius).

Dunque, se non è proprio innocente, non gli conviene ricorrere: semmai patteggiare e chiuderla lì. Anche perché la prescrizione si blocca all’inizio del processo, mentre da noi galoppa fino alla sentenza di Cassazione. Dal 1989, quando entrò in vigore il nuovo Codice di procedura penale, il Parlamento ha riformato la custodia cautelare ben 20 volte. Ora accorciando e ora allungando la durata, ora restringendo e ora allargando i requisiti a seconda dell’ “emergenza” del momento, per amore di popolarità. Tre anni fa, fu resa obbligatoria per lo stupro (ma non per l’omicidio: così agli stupratori conveniva ammazzare la vittima dopo averla violentata). Poi si tentò di fare altrettanto addirittura per lo stalking.