Processi a numero chiuso: non più di 12mila l’anno a Roma

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Marzo 2014 - 07:30 OLTRE 6 MESI FA

Processi a numero chiuso: non più di 12mila l'anno a RomaROMA – Processi a “numero chiuso”: l’ha stabilito il procuratore Giuseppe Pignatone che, con una circolare inviata ai suoi sostituti, ha spiegato le ragioni della decisione.

 

Scrive Cristiana Mangani sul Messaggero:

(…) E così, per tentare di limitare il residuo di processi che si viene a creare ogni anno, raggiungendo il 40-50 per cento di esubero, il capo dei pm ha stabilito delle priorità, basandosi sui poteri che gli garantisce l’articolo 227 del decreto legislativo numero 51 del 1998. Non potranno essere più di dodicimila all’anno le richieste di fissazione di udienze da parte dei pm al solo giudice monocratico, perché queste sono quelle che può sopportare. Lo aveva già chiesto il presidente del Tribunale ottenendo l’autorizzazione del Csm nel 2011, ma proprio per evitare che in quella cifra finiscano anche processi che riguardano reati più gravi, Pignatone ha stabilito delle priorità. Il resto dei procedimenti andrà alla Sezione definizioni affari seriali «senza procedere alla scansione degli atti a conclusione delle indagini».

La decisione ha provocato la reazione infuriata dell’Unione camere penali. «Se la procura “sceglie” i processi da celebrare – hanno dichiarato – e dunque i reati da perseguire, con tutte le giustificazioni che si possono dare a questa decisione, rimane il dato conclamato della violazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, che è fissato in Costituzione in diretto collegamento col principio di uguaglianza dei cittadini e, pertanto, rappresenta uno dei caposaldi della democrazia». E ancora: «La prima conclusione da trarre è che la Costituzione è già stata cambiata, ma da apparati burocratici e nel chiuso delle loro stanze, invece che dal Parlamento».

Il parlamentino dei magistrati, però, sembra pensarla diversamente. E dal segretario dell’Associazione magistrati del Lazio, Eugenio Albamonte, arrivano le repliche: «La possibilità di stabilire quelli che si chiamano criteri di priorità nella trattazione dei affari giudiziari è prevista da una legge della Repubblica che è il Decreto legislativo numero 51 del 1998. Quindi non si tratta di assunzione arbitraria di poteri da parte delle procure o del Tribunale, perché, fino a prova contraria, è una legge conforme ai principi della Costituzione» (…)