Questa manovra uccide il futuro delle partite Iva, Bruno Villois per Libero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Novembre 2013 - 10:50 OLTRE 6 MESI FA
Questa manovra uccide il futuro delle partite Iva, Bruno Villois per Libero

Questa manovra uccide il futuro delle partite Iva, Bruno Villois per Libero

ROMA – Un effetto perverso della riforma Fornero, insieme con gli stage, è la scomparsa delle partite Iva, che sono state sempre considerate come una forma di rapporto di lavoro dipendente mascherato.

Morto il presente, muore il futuro. “Questa manovra uccide il futuro delle partite Iva” scrive Bruno Villois per Libero:

Molteplici e motivate le ragioni che spingono il popolo delle partite Iva ad alzare i toni, anche se in modo molto civile, verso la politica e il governo, da essa espresso. Il numero complessivo di partite Iva sfiora gli 8 milioni, un 20% dei quali non è operativo da anni, ai restanti, 6,5 milioni circa, va aggiunto un collaboratore, oltre ai famigliari del titolare e del collaboratore che portano il numero complessivo a superare abbondantemente i 25 milioni di persone, all’incirca il 40% dell’intera popolazione. Ad essi la politica, prioritariamente di centro destra ma, negli ultimi anni anche di centro sinistra, si rivolge all’approssimarsi di ogni scadenza elettorale, obiettivo: conquistare i lavoratori autonomi, divisi in rilevanti corporazioni, e famigliari, in cambio gli si promette di tutto e di più, ben sapendo che sono, quando va bene, promesse da marinaio. Finita la consultazione elettorale la politica si ritira in buon ordine e tutto quello che è stato promesso, dalla riduzione dellapressione fiscale, al ridimensionamento della burocrazia diventa un araba fenice, anzi, sovente i politici rientrano nel truppone che vede nelle Partite Iva gli evasori incalliti, senza se e senza ma.

Adesso all’approssimarsi del 7° anno di crisi, e che crisi, con un orizzonte temporale sulle elezioni tutt’altro che chiaro, ecco la manovricchia della Legge di Stabilità, far diventare le Partite Iva, loromalgrado, protagoniste per sostenere l’imperante populismo che anima la politica italiana, buttandogli sulle spalle la risposta alle necessità di bilancio. Magari gli si aumenta un pochino i contributi previdenziali, poi la nascitura tassa dei servizi iper esosa , i nuovi balzelli locali, il tutto condito da nessun minimo vantaggio, niente azzeramento o almeno riduzione dell’Imu degli immobili dedicati al commercio, ai servizi e all’in – dustria, nulla per sburocratizzare, tantomeno per rilanciare la domanda dei consumi, neanche a parlare di contrazione della pressione fiscale. A Confcommercio non rimaneva che lanciare la giornata pro Partite Iva, professioni, commercio, servizi, artigianato per inviare un laconico Basta!!!

Chiunque capisca di economia , sa che nel 2014 la ripresa sarà insignificante, consumi e occupazione rimarranno al palo, tanto da poter facilmente prevedere un ulteriore contrazione della disponibilità a spendere a cui si aggiungerà il redditometro, strumento in grado di abbassare la voglia di consumare a chi se lo può ancora permettere. Fra un anno risaremo qui a far di conto, con in testa la parola calo su tutti dati fondamentali dell’economia reale. Intanto anche la Spagna farà meglio di noi, a leggere gli ultimi dati sulla produzione industriale, molto meglio, e così saremo una cenerentola che si lamenta molto del comportamento dell’Europa e non fa nulla per far capire che oltre ai conti in ordine ci sono idee e progetti, articolati in programmi, che possono, se si allenta la morsa del rigore estremo, far decollare una new deal dell’economia reale. Creatività e intraprendenza sono componenti che appartengono al nostro Paese, liberarle dai lacciuoli della burocrazia servirebbe eccome, così come lanciare l’attrattività industriale con le imprese top player della moda, design, arredo, meccanica di precisione, elettromedicale, agroalimentare e altri settori di nicchia ma altamente redditizi, l’attrattività culturale, artistica, paesaggistica e climatica, l’attrattività artigianale e commerciale è fondamentale. Esse sono le peculiaritàdel Paese che possono e debbono fare la differenza per ridare smalto alla nostra economia. Un piano industriale che inserisca tutte le attrattività in un grande puzzle e le interconnetta tra loro aumentandone il peso singolo è quello che serve all’Ita – lia per rialzare la testa. Le partite Iva sono base e perno dell’at – trattività e quindi dell’intero complesso Italia. Prima va creato il progetto industriale, ma, subito dopo, saranno gli stimoli a fare la differenza in modo da esaltare ogni singolo attore e farlo sentire protagonista. I consumi interni e la pressione fiscale trovano risposta premiando chi spende, almeno in beni durevoli, con dei bonus fiscali. La burocrazia si ridimensiona azzerando i burocrati che guidano l’amministrazione pubblica. Le norme su lavoro e previdenza vanno aggiornate, al nostro tempo, con idee e conoscenze chiare per le ricadute che possono produrre, esodati docet. L’evasione fiscale e contributiva si combatte con un fisco equo che sa recuperare quanto dovuto, (ma quei 550 miliardi di euro a ruolo mai neanche minimamente incassati, di cui parla la Corte dei Conti, cosa sono?) che non assilla, ma è severo e forte verso i furbetti e premia gli onesti. Provi la politica a presentarsi in Europa con un piano industriale adeguato alla crescita e da e con quello si fissi le condizioni per ottenere supporti e aperture. Ad oggi la manovricchia è tutto meno quello che ci renderebbe credibili agli occhi dell’Europa. Le partite Iva hanno esaurito pazienza e disponibilità, sapere che non possono fare più di tanto scioperi, perché si bloccherebbe il Paese, non può essere l’alibi della politica per non dargli mai nulla.