Stipendi, i conti della manovra non tornano. Repubblica: “Aumenti massimi di 75 euro”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Gennaio 2015 - 12:10 OLTRE 6 MESI FA
La tabella pubblicata da Matteo Renzi su Twitter

La tabella pubblicata da Matteo Renzi su Twitter

ROMA – I conti di Renzi non tornano: possibile che gli stipendi medi quest’anno salgano di 175 euro al mese? Questa la domanda che pone Valentina Conte di Repubblica citando la tabella twittata dal premier Renzi, lo scorso 20 gennaio. 

Repubblica – scrive Valentina Conte – ha chiesto di rifare i calcoli alla Uil Servizio politiche territoriali. E le differenze con la tabella messa online sono evidenti. Secondo Renzi, le buste paga dei due esempi (reddito da 24 mila euro e da 15 mila, declinati per neoassunto e contratto in vigore) lievitano. Il motivo è da ricollegarsi — così si intende dalla grafica — agli sgravi sul lavoro concessi dal governo, in grado di ridurre il cuneo fiscale (la differenza tra costo lordo del lavoro e netto in busta paga), del 64% e del 18% nell’esempio dei 24 mila euro. Incidendo di più come è ovvio su chi viene assunto quest’anno (zero Irap e contributi), molto meno sugli altri (solo zero Irap). Il messaggio però è fuorviante. Gli sconti impattano senz’altro sulla scelta di assumere, perché riducono il costo del lavoro per l’impresa del 25%. Purtroppo però non gonfiano le tasche dei lavoratori — è risaputo — perché sono a monte. Allora come fanno gli stipendi ad alzarsi? Grazie a due bonus. Quello Renzi da 80 euro mensili (che diventano 74, perché nell’esempio il governo ipotizza 13 mensilità), sebbene attenuato dall’aumento di addizionali comunali e regionali. E quello Letta (innalzamento delle detrazioni per i dipendenti). Fatti e rifatti i calcoli, lo stipendio cresce di 75 e non 175 euro, come indica il governo.
Interpellato per una spiegazione, Palazzo Chigi rimanda al dipartimento Finanze del ministero dell’Economia, il reale estensore della tabella. Il Mef ammette sì di aver fatto i calcoli secondo i desiderata del governo, ma non di averli sintetizzati nella slide, poi confezionata dagli uomini di Renzi. Si scopre così che il governo ha chiesto al dicastero di Padoan di conteggiare anche l’opzione Tfr, la possibilità cioè per i lavoratori (ma non gli statali) di richiedere, a partire da marzo, un anticipo della liquidazione in busta paga. L’inclusione di questo elemento nel calcolo fa certo tornare i conti. Ma è bizzarra. Primo, perché l’anticipo del Tfr è una facoltà, vedremo quanto popolare. Secondo, perché chi opterà ci pagherà più tasse (secondo gli scaglioni Irpef) (…)