Abortisce in ospedale, ma espelle feto al rientro in casa. Ginecologa denunciata

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Aprile 2015 - 09:55 OLTRE 6 MESI FA
Abortisce in ospedale, ma espelle feto al rientro in casa. Ginecologa denunciata

Abortisce in ospedale, ma espelle feto al rientro in casa. Ginecologa denunciata

ROMA – Una donna ha deciso di abortire dopo aver scoperto che il feto soffriva di sindrome di Down. Una decisione difficile che è diventata un’esperienza traumatica e dolorosa. La donna ha abortito in ospedale, ma ha espulso il feto una volta rientrata in casa dopo 10 giorni di dolori, fitte addominali, febbre e perdite. Ora la dottoressa dell‘ospedale San Camillo di Roma che l’ha seguita è stata denunciata per lesioni gravi e rischia di finire a processo.

Fulvio Fiano sul Corriere della Sera scrive che la donna di 40 anni, Stefania, aveva deciso di sottoporsi ad un intervento di interruzione volontaria di gravidanza, ma a causa di negligenze ed errori ha rischiato di morire per setticemia:

“La ginecologa del San Camillo che praticò l’aborto rischia ora il processo con l’accusa di lesioni gravi. Nell’agosto 2013 la donna, già mamma di una bambina che oggi ha 7 anni, decide di rinunciare al figlio che ha in grembo dopo una diagnosi di sindrome di Down. Si sottopone ad interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) al San Camillo, uno degli ospedali più accreditati nel settore in tutto il centro sud, e si trasferisce per qualche giorno nella sua casa in Toscana.

Ha messo in conto di dover superare un periodo difficile ma non di arrivare a un passo da una setticemia che poteva rivelarsi fatale. I sentori compaiono da subito dopo l’intervento. Malessere diffuso, difficoltà a riposare, dolori. I normali postumi dell’intervento, si dice Stefania M.. Poi, una mattina, si sveglia nel sangue e durante la doccia per ripulirsi espelle il feto. Una perizia lo misura in 5,3 centimetri di lunghezza. L’intervento non lo aveva rimosso e, anzi, era ancora attaccato a un funicolo ombelicale di 3 centimetri e a un cordone ombelicale di 6,5”.

La cartella clinica della donna è stata sequestrata dalla polizia insieme alla cartella del policlinico Gemelli, dove la donna è stata portata d’urgenza dopo l’espulsione del feto:

“Qui, le vengono asportate anche parti di placenta. Le negligenze riguarderebbero non solo l’intervento ma anche l’ecografia di controllo che di prassi si effettua per verificare la buona riuscita dell’interruzione di gravidanza. La ginecologa che intervenne, Marina De Cupis, è accusata di lesioni gravi e, ricevuta la notifica di chiusura indagini, rischia ora il processo. «La signora presenta ancora oggi un quadro psicologico fortemente alterato, che nel tempo è sfociato in uno stato depressivo da stress post – traumatico – dice l’avvocato Piergiorgio Assumma, che la assiste-. Inoltre la mia cliente è atterrita dall’idea di avere altre gravidanze. In dibattimento presenteremo ulteriori prove». Anche l’associazione Codici si costituirà parte civile”.