Congelano ovociti a 30 anni, tentano gravidanza dopo i 40: il “social freezing”

Pubblicato il 19 Settembre 2012 - 09:56 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Almeno 15mila giovani donne negli Stati Uniti hanno congelato i propri ovociti nelle banche della fertilità. Repubblica parla di un dato che potrebbe far riflettere su come cambia la maternità ai tempi del “social freezing”. Le donne non vogliono rinunciare a conciliare un figlio, la carriera e l’amore e non si arrendono davanti all’età che avanza. Se l’orologio biologico dopo i 30-35 anni comincia a a scandire gli ultimi battiti per la fertilità, le donne congelano i propri ovuli per tempi migliori e più adatti a diventare madre. In Italia la quota raggiungerà presto le 500 donne e il fenomeno entra pian piano nelle discussioni dei convegni di medicina.

Alberto Revelli, docente di Fisiopatologia della riproduzione umana alla clinica universitaria Sant’Anna di Torino, ha detto a Repubblica:

“Le prime sono state alcune nostre colleghe, che essendo più informate hanno colto le potenzialità di questa tecnica, ma anche i suoi limiti. Il “social freezing” lascia libertà alle pazienti, ma va fatto nel momento giusto e a certe condizioni. E’ una chance, non una certezza”.

Il “social freezing” rimane comunque una tecnica con grandi possibilità di sviluppo:

“Che l’età della prima gravidanza si stia spostando sempre più in là (oggi è già stabile verso i 32 anni, ndr) è una tendenza ormai consolidata. Purtroppo anche le percentuali di successo nella fecondazione assistita scendono drasticamente, specie dopo i 40 anni. E’ facile immaginare il numero crescente di pazienti che possa fare questa scelta, che oltretutto ha il vantaggio di non coinvolgere nessun altro e di essere perfettamente legale”.

I medici comunque chiariscono che nel caso di problemi di infertilità se anche una donna congelasse i propri ovuli non c’è certezza che passati i 40 anni possa avere comunque un figlio. Si tratta però di una pratica che tutte le donne potrebbero avere, ma che va consigliata alle donne a rischio infertilità come coloro che devono sottoporsi a chemioterapia, alle fumatrici, a chi soffre di cisti ovariche o ancora a chi ha in famiglia casi di menopausa precoce. E se in America ne sono stati tutti entusiasti, in Italia sono nate le prime polemiche, con il gruppo Donnamed che sottolinea come sia meglio usare “vie naturali” e “non rinviare” la gravidanza a dopo i 30 anni.