Ipertensione, Usa cambia valori della pressione: è alta per quasi la metà degli americani

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Novembre 2017 - 15:24 OLTRE 6 MESI FA
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Ipertensione, Usa cambia valori della pressione: è alta per quasi la metà degli americani

ROMA – Ipertensione per quasi la metà degli americani con le nuove linee guida stabilite dalle società scientifiche, tra cui l’American Hearth Association e l’American College of Cardiology. I valori sono stati allineati a quelli dell’Unione europea, con il risultato di un boom potenziale di nuovi malati che rappresenta un florido business per assicurazioni e case farmaceutiche.

Francesco Semprini sul quotidiano La Stampa scrive che i parametri per la pressione passano da 140 di massima e 90 di minima a 130 e 80. In questo modo se un americano su tre soffriva di ipertensione coi vecchi parametri, con i nuovi invece la percentuale sale alla metà degli americani: significa che 103,3 milioni di persone negli Stati Uniti sono considerate malate, rispetto alle 72,2 milioni precedenti:

“Secondo le nuove linee guida valori considerati normali sono quelli entro 120-80, per valori di pressione massima tra 130 e 139 e di minima tra 80 e 89 si entra appunto nello «stage 1» dell’ipertensione. Per valori di pressione maggiori di 140/90 si passa allo «stage 2». Per crisi ipertensiva si intendono valori caratterizzata maggiori di 180 di massima e 120 di minima. A quel punto il paziente deve cambiare terapia o ricoverarsi in ospedale, se vi sono segnali di potenziale danneggiamento di organi. Viene eliminata la categoria della «preipertensione», ovvero quella in precedenza descritta da valori di massima compresi tra 120 e 139, e di minima tra 80 e 89.

Nello studio gli esperti raccomandano di controllare la pressione di frequente, con strumentazioni utilizzabili anche a casa, per verificare balzi dei valori. Così da oggi il 46% degli americani soffre di pressione elevata. Questo significa, secondo le prime stime, il 50% degli individui maschi che vivono in Usa e almeno il 38% delle donne. Gli autori della revisione, tra cui un gruppo di 21 ricercatori che hanno preso in esame oltre 900 studi, ritengono che l’impatto maggiore della correzione al ribasso sarà tra giovani e persone di mezza età. Le previsioni, in particolare, vedono i casi di pressione alta triplicati tra gli uomini al di sotto dei 45 anni, e raddoppiata per le donne della stessa età”.

L’impatto che questo incremento avrebbe non è certo trascurabile, anche se gli autori dello studio tendono a minimizzare:

“«Le nuove linee guida stabiliscono implicitamente che il trattamento farmaceutico deve iniziare quando un paziente presenta valori s partire da 140 di massima e 90 di minima», precisa il dottor Tom Frieden, già direttore del Centers for Disease Control and Prevention, l’istituto di sanità Usa. Frieden, che non ha contribuito allo studio, spiega inoltre che i farmaci per la pressione sono tutti generici e non costano molto, ma possono salvare molte vite. «Consumer Report», sito che perora gli interessi dei consumatori, invita ad a evitare «assalti» alle farmacie e consultarsi sempre prima con un medico.

Le nuove linee guida sono ad ogni modo destinate a riaccendere un dibattito mai sopito sul conflitto di interessi degli operatori di settore e studi di questo tipo. Con l’abbassamento dei parametri la base dei casi di patologia potenziale aumenta dal giorno alla notte, e questo significa maggior richiesta di cure e quindi maggiori ricavi per le aziende farmaceutiche. C’è poi un altro aspetto legato in particolare agli Stati Uniti dove la sanità è privata, ovvero l’impatto sui costi delle assicurazioni per la copertura medica. Il mercato parla chiaro, più un soggetto è esposto ad una patologia più costa assicurarlo. Col rischio che oltre ad avere 30 milioni di ipertesi in più ci saranno 30 milioni di cittadini col portafogli più leggero”.