Gli immigrati che vengono dall’area Schengen non possono essere espulsi

Pubblicato il 13 Ottobre 2010 - 12:16 OLTRE 6 MESI FA

immigrati

Gli immigrati arrivati in Italia da uno dei Paesi dell’area Schengen non potranno essere espulsi. Lo ha stabilito la Cassazione, che ha ricordato che i cittadini di Paesi che aderiscono al trattato non devono sottoporsi a controlli di frontiera e dunque non hanno bisogno deil visto di ingresso. Solo un mese fa il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, aveva detto che servivano “sanzioni” anche per gli immigrati comunitari e aveva definito l’accordo di Schengen una “legge strana”.

Il possesso del “visto uniforme” Schengen, secondo i supremi giudici, esenta l’immigrato dal sottoporsi ai controlli di frontiera e gli consente di entrare nel nostro Paese e di chiedere, successivamente, il permesso di soggiorno. Così la Cassazione ha annullato con rinvio l’espulsione di un africano fermato in Puglia, durante un controllo, e trovato senza visto di ingresso in Italia.

Senza successo l’uomo aveva fatto presente, al giudice di pace di Lecce per contestare l’espulsione decretata dal prefetto, di avere il visto Schengen apposto al momento del suo ingresso in Europa dal “varco” della Spagna. Il giudice di pace aveva respinto l’opposizione al decreto di espulsione sottolineando che “anche ammettendo la sua provenienza dalla Spagna che è nazione aderente al Trattato Schengen, non per questo dovrebbe ritenersi esentato dagli adempimenti previsti” dalle nostre norme sull’immigrazione in relazione al visto di ingresso.

Pertanto l’immigrato aveva ricevuto la convalida del foglio di via per “essere entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera”. In sostanza, secondo il giudice di pace, mancando il visto italiano era “irrilevante il possesso del visto di ingresso in uno dei Paesi dell’area Schengen”.

Questa tesi non è stata condivisa dalla Cassazione. “Per il detentore del visto uniforme Schengen – hanno spiegato i supremi giudici con la sentenza 21060 – non è esigibile altro onere all’atto dell’ingresso che non sia quello della disponibilità del predetto visto di ingresso, potendosi poi fondare su prove documentali ed orali la valutazione della data di ingresso nello Stato ai fini del tempo decorso per la richiesta del titolo di soggiorno”.

In proposito la Suprema Corte ha ricordato che la norma che impone al personale di frontiera l’obbligo di “apporre sul passaporto il timbro di ingresso, con l’indicazione della data, si riferisce al passaggio delle sole frontiere esterne dell’Ue, non al passaggio di quelle interne. Infatti, mentre le frontiere esterne possono essere attraversate soltanto ai valichi quelle interne possono essere attraversate in qualunque luogo senza che venga effettuato il controllo delle persone”.

Adesso questo caso dovrà essere riesaminato tenendo presente che il trattato di Schengen ha abolito i controlli alle frontiere “interne” anche per chi proviene da paesi extraeuropei.