Hector Cuper, le scommesse e la camorra. L’accordo per truccare le partite

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Febbraio 2014 - 10:40 OLTRE 6 MESI FA
Hector Cuper

Hector Cuper

ROMA – “Giovanni, io sono pentito di aver fatto questa cosa eh…” dice Hector Cuper in una delle tante telefonate intercettate dall’Antimafia di Napoli. E per “questa cosa” Cuper, l’ex allenatore dell’Inter, intendeva l’accordo, un accordo criminale, secondo l’accusa, con due scommettitori incalliti di Castellammare di Stabia. Un accordo criminale, semplice: loro giravano i soldi, loro scommettevano e Cuper, si legge tra le carte, avrebbe dovuto indicare le partite pilotate sulle quali scommettere in cambio, secondo gli inquirenti, di 200mila euro.

Ma Cuper, all’epoca allenatore del Racing Santander non mantiene il patto e i due scommettitori perdono, a ripetizione. E si indebitano, tanto da finire nelle grinfie di usurai e camorristi. In totale cinque tentativi, tutti falliti.

E’ Giovanni, uno degli scommettitori, a fare per la prima volta il nome di Cuper via telefono, come racconta il Sole 24 Ore:

“I soldi che ho portato a Cuper, erano per comprare le partite si o no? […] Eh sì, non le abbiamo avute! Noi abbiamo pagato e non le abbiamo avute!”

Perse le scommesse i due si rifanno sotto con Cuper, chiedendo indietro i 200mila euro. E questa fase viene raccontata dal Sole 24 Ore:

La fase di restituzione sarà più complicata del previsto perché Cuper farà di tutto per seminare gli inseguitori, finendo per farli ancor di più indispettire. Alla fine, i due, dopo averlo rincorso tra hotel, stadio, case e ristoranti, decideranno di registrare i colloqui con l’allenatore per ricattarlo e costringerlo a rimettere il malloppo. I files di queste animate chiacchierate, cui partecipa anche un “mazziere” del clan D’Alessandro, arrivato appositamente da Castellammare di Stabia per incutere timore e, se del caso, pestare il coach, sono stati recuperati dai carabinieri. E sono la prova più chiara delle strane manovre che i tre hanno messo in atto.
Cuper gioca di rimessa, dicendosi dispiaciuto per i soldi persi e si dice pronto a restituire i 200mila euro, anche se sotto sotto si dice vittima, a sua volta, di una truffa. Tant’è che, in un’altra intercettazione telefonica, il mister prova a tenere i nervi saldi confidando a Giovanni: «Eh… lo so, lo so, per questo tu devi restare tranquillo che questo si risolve sicuro…? Io ti do la mia parola eh…?».

I due napoletani, ormai stremati dalla caccia all’uomo protrattasi tra Italia, Spagna e Argentina, minacciano addirittura, in caso di ulteriori ritardi, di raccontare tutto alle forze dell’ordine e ai giornalisti di Madrid.
Faranno prima i carabinieri.