N’Dicka e le intermittenze del cuore: da Manfredonia a Eriksen, gli arresti cardiaci in campo

di redazione sport
Pubblicato il 15 Aprile 2024 - 08:54
n'dicka manfredonia eriksen

Foto Ansa

Paura in campo per Evan N’Dicka e il calcio rivive uno dei suoi peggiori incubi. In attesa che gli accertamenti in ospedale verifichino di che entità è stato il problema cardiaco che ha costretto il difensore della Roma ad accasciarsi in campo ed a chiamare i soccorsi, vengono in mente le immagini di Christian Eriksen, l’ultimo clamoroso caso di un infarto in campo.

A differenza delle vicende più tragiche, N’Dicka è rimasto cosciente, e questo ha almeno allontanato il ricordo dei drammi in diretta di Renato Curi e Piermario Morosini, i giocatori del Perugia e del Livorno morti dopo choccanti malori in campo, nel ’77 e il 14 aprile del 2012, esattamente 12 anni fa.

Ma il male oscuro che spesso colpisce il cuore dei calciatori nonostante i continui controlli medici agonistici a cui sono sottoposti ha molte volte fermato campioni in campo, e ogni volta che qualcosa succede, qualsiasi sia l’entita’, torna una paura legata ai tanti ricordi, ultimo quello indelebile di Davide Astori. Ma per fortuna, tante altre volte l’incredibile non sfocia in tragedia.

E’ dell’Europeo del 2021 l’immagine di tutta la Danimarca che si stringe intorno al suo compagno di squadra, il centrocampista allora dell’Inter, Christian Eriksen, improvvisamente crollato a terra e in seguito portato in ospedale. Fu arresto cardiaco che per interminabili momenti fece temere per la vista del giocatore, poi miracolosamente scampato alla sorte e ora addirittura tornato a giocare grazie ad un defibrillatore fisso.

Rimane nella storia del calcio italiano il Bologna-Roma del 30 dicembre 1989: dopo cinque minuti Lionello Manfredonia si accascia a terra per un arresto cardiaco, il soccorso dell’ex compagno della Lazio Bruno Giordano e del massaggiatore giallorosso Giorgio Rossi e dei medici che gli praticano un massaggio cardiaco salvano la vita al centrocampista: Manfredonia si risveglierà due giorni dopo dal coma e poi sarà costretto al ritiro nonostante la volontà di giocare ancora.

L’ultimo caso in ordine di tempo è quello di Tom Lockyer, capitano del Luton che a dicembre dello scorso anno è collassato privo di sensi per un infarto mentre giocava. Per lui si trattava della seconda volta, giocava con un defibrillatore che anche in questa occasione gli ha evitato una tragica fine.

Nel 2012 fece gridare al ‘miracolo’ la vicenda di Fabrice Muamba, 23 anni, centrocampista congolese del Bolton, colpito da infarto durante una partita di Premier League contro il Tottenham e rimasto senza conoscenza per ben 78 minuti, prima che il defibrillatore – utilizzato in campo, in ambulanza e ancora in ospedale – riuscisse a fargli riprendere conoscenza.

Terribile la storia di Abdelhak Nouri: la giovane promessa dell’Ajax nel 2017 si accasciò in campo per un arresto cardiaco, si risvegliò dal coma artificiale a cinque giorni dallo svenimento in campo per un’aritmia cardiaca durante un’amichevole in Austria, con danni cerebrali permanenti. Storie che restano nella memoria, e che spiegano perchè a Udine, anche se N’dicka era cosciente e molti rassicuravano le squadre in campo, i compagni di squadra non se la siano sentita di continuare a giocare a calcio.