Meloni e le promesse non mantenute, la sinistra ricorda ma senza i fatti non si vince (foto Ansa) - Blitz Quotidiano
Quante sono le promesse fatte in campagna elettorale andate deluse? Giuseppe Conte non ha peli sulla lingua, replica usando un solo aggettivo: “Nessuna”. Secondo il presidente dei 5Stelle, il governo sta portando il Paese verso il disastro economico.
Commentando queste parole, la destra non crede ai suoi orecchi: “L’Italia gode buona salute. L’Europa stima la nostra premier e la stabilità con cui l’esecutivo continua a lavorare”. Siamo agli antipodi, come era logico supporre. Non c’è un solo punto in cui i poli opposti del Paese si incontrino. Ed è chiaro che diventa più difficile e più complicato trovare una soluzione per i problemi che l’Italia deve risolvere.
Ricordate che cosa disse la Meloni qualche giorno prima delle politiche in cui il suo partito stravinse? “La sinistra sbaita perchè sa perfettamente che la pacchia è finita”. Quale pacchia? Quella per cui il popolo sovrano votava in un certo modo e poi il Palazzo decideva diversamente. Ora, battute ironiche a parte, ci si chiede: ma è vero o non è vero che tutte le belle parole usate dalla maggioranza sono svanite come neve al sole?
Elly Schlein non ha dubbi, è in sintonia con quello che afferma il numero uno dei pentastellati. E’ strano però perchè quando i due debbono portare avanti il disegno del campo largo, i distinguo si moltiplicano. L’avvocato del popolo ritiene che spetta a lui essere il leader dell’opposizione, se non altro perchè è stato per due volte presidente del Consiglio. La segretaria del Pd replica mostrando i numeri che non si possono contestare. Il primo partito della minoranza è il suo, quindi ogni polemica non ha senso ed è inutile oltre che pretenziosa.
Così l’interrogativo di fondo appare appeso a un filo: l’Italia, guidata dalla destra, è avanzata di un passo, si o no? Quelle promesse prima del voto di ottobre del 2022 sono state portate a termine? Chiederlo alle due alleanze politiche sarebbe sciocco perchè ognuno tirerebbe acqua al suo mulino.
Proviamo a stare ai fatti: la disoccupazione è diminuita notevolmente, lo spread è sceso a livelli che nessuno avrebbe mai immaginato se si ricordano le cifre della fine degli anni novanta. In Europa, la stima Italia è cresciuta notevolmente e diversi giornali stranieri ritengono che il nostro Paese potrebbe essere l’ago della bilancia fra le due sponde dell’Atlantico.
I più crudeli avversari della Meloni sono i gemelli Fratoianni e Bonelli. Il secondo, che diventa sempre più il portavoce degli Avs, sostiene che la destra “dipinge un Paese che non c’è”. In parole semplici, non esiste e tutti gli elogi fatti a se stessi sono una utopia. L’inflazione galoppa, il carrello della spesa aumenta giornalmente, basta andare giornalmente al mercato per rendersene conto. “Perchè la premier non spende un’ora del suo prezioso tempo per verificare se questa è la realtà?” Senza contare il problema del salario minimo, la povertà che colpisce diversi milioni di italiani che non riescono mai ad arrivare alla fine del mese. Tutto giusto, tutto sacrosanto? Se così fosse non si spiegherebbe il consenso che gli italiani danno ancora all’attuale governo. Dopo tre anni, la soglia del trenta per cento di preferenze è aumentata e non accenna a diminuire: Questo significa che l’opinione pubblica non è delusa dal cammino del governo che ha buone chances di vincere anche nel 2027.

Ogni rosa ha le sue spine: l’esecutivo ne ha più di una, in specie quando di tanto in tanto l’alleanza traballa perchè Matteo Salvini va per conto suo e Antonio Taiani deve dar retta agli eredi di Silvio Berlusconi, cioè l’uomo che fu il padrino della “rivoluzione” degli anni novanta. Ragione per cui la Meloni suda le proverbiali sette camicie per evitare strappi pericolosi, gli stessi che deve combattere la Schlein quando difende a spada tratta la sua creatura, il campo largo.
Malgrado i sondaggi diano ancora ragione al governo, non si può negare che su alcuni punti Palazzo Chigi ha dovuto fare marcia indietro o, comunque, rallentare il percorso. Sul presidenzialismo (cioè sull’elezione diretta del Capo dello Stato) meglio non andare al di là di un progetto e niente più. La sinistra ha paventato l’inizio di una autarchia e un attentato al prestigio del Colle: così, se ne sta parlando sempre meno, anzi è quasi scomparso dalla dialettica politica. Si è allora ripiegato sul premierato, ma anche qui l’opposizione ha fatto fuoco e fiamme e per il momento l’ipotesi ha subìto uno stop.
Infine, il problema dei migranti, gli irregolari che continuano ad arrivare e il flop (o quasi) dell’iniziativa che avrebbe dovuto respingere i “responsabili” in Albania in alcuni centri rimasti praticamente fuori servizio da sempre. Giorgia Meloni non demorde e su questo punto è inflessibile. Sente pioverle addosso le forte critiche della sinistra e replica alzando il tono della voce: “Quel complesso funzionerà, eccome se funzionerà”.
Due problemi rimangono per il momento sul tappeto: la sicurezza che a volte quando si concretizza ha il giudizio negativo della magistratura (uno dei tanti) e la data del referendum sulla divisione delle carriere dei giudici. Si vorrebbe tenere ai primi di marzo, Sergio Mattarella suggerisce alla premier di non avere fretta per paura dei ricorsi o delle decisioni della Consulta. Motivo per cui si dovrebbe andare a votare il 22 e il 23 marzo.
Nelle ultime ventiquattro ore ad essere notevolmente indignata, più del solito, è l’onorevole Laura Boldrini per una foto che immortalava la sua stretta di mano a Mohammad Hannoun, il presidente dei palestinesi italiani finito da giorni in carcere per aver foraggiato con milioni di euro i terroristi di Hamas. “L’ho incontrato una sola volta tre anni e mezzo fa, poi non l’ho più visto”, dice difendendosi. Però non spiega le ragioni di quella riunione. Rimane il fatto che la lunga intervista Laura Boldrini l’ha rilasciata all’Unità, il giornale che stamane definisce l’inchiesta di Genova “una bufala”.
